Parla il “picchiatore” Mazza «Botte per intimidire»

E’ stato il turno di Alessandro Mazza ieri in tribunale, per 4 mesi picchiatore per conto dell’Aspide. «I pestaggi avvenivano per intimidire e arrivare a riprendere il denaro prestato» ha raccontato...
BELLOTTO - RICORDO DI BORSELLINO IN TRIBUNALE
BELLOTTO - RICORDO DI BORSELLINO IN TRIBUNALE

E’ stato il turno di Alessandro Mazza ieri in tribunale, per 4 mesi picchiatore per conto dell’Aspide. «I pestaggi avvenivano per intimidire e arrivare a riprendere il denaro prestato» ha raccontato di fronte al collegio giudicante presieduto da Alessandro Apostoli Cappello (nella foto). «Mi è stato chiesto di aggredire un imprenditore padovano che aveva un cantiere a Maserà» ha aggiunto «A questa persona da quel che so l’Aspide aveva prestato 5.000 euro e ne rivoleva 20.000. Mi promettevano soldi per picchiare con uno stipendio mensile che poteva variare da 2 mila ai 4.000 euro, ma in realtà non ho mai visto un euro. L’imprenditore settantenne di Maserà mi son rifiutato di picchiarlo, altri lo hanno fatto. Per farsi forza c’era chi diceva di essere del clan dei Casalesi, ma di vero c’era ben poco». La società Aspide aveva uffici a Mestrino, in via Dante, e a Padova, in via Lisbona ed era specializzata nel prestare soldi a tassi d'usura fino al 180%, organizzando pestaggi e minacciando di morte chi non rispettava il diktat, la restituzione di un debito che, settimana dopo settimana, raddoppiava. Ieri in aula Mazza ha risposto alle domende del pm Roberto Terzi della Dda di Venezia, il magistrato che ha coordinato l'inchiesta sulle infiltrazioni criminali dei Casalesi in Veneto. Affari sporchi quelli di Aspide, come lo smaltimento chissà dove di rifiuti pericolosi, lo strozzinaggio nei confronti di artigiani e imprenditori in crisi, l'importazione di hashish (per conto terzi) nascosto tra le viscere di quintali di pesce spada acquistato in Marocco, la progressiva insinuazione in aziende poi assorbite grazie a una rete di prestanomi ingaggiati a 500 euro al mese. Il tutto con la forza della violenza e delle armi affidate alle braccia di uomini come Antonio Parisi di Castelvolturno. Il collegio giudicante di Padova è chiamato a giudicare la posizione di quattro tra i 27 imputati (un secondo processo si sta concludendo a Venezia) nell'ambito dell'operazione anti-camorra, l'ex imprenditore padovano Jhonny Giuriatti, 38 anni di Saccolongo, Elisa Lunghi, 42 di Bubbiano (Milano), Alberto Parisi, 49 di Mondragone e Marzio Casarotto, 44 di Bagnolo di Po (Rovigo), accusati a vario titolo associazione a delinquere di stampo mafioso a scopo di usura.

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