Pasticcerie abusive in casa L’Appe lancia l’allarme
In città e in alcuni paesi della provincia non ci sono solo i ristoratori abusivi, che preparano piatti nella propria cucina di casa e poi li vendono, magari organizzando anche serate a pagamento a tema. Da un po’ di tempo a questa parte è diventato di moda, sull’onda delle trasmissioni televisive, preparare i dolci in casa per poi venderli quasi sempre servendosi del web, di Facebook e di alcuni blogspot ormai popolari. A lanciare il grido d’allarme su questa nuova abitudine che rischia di diffondersi sempre di più, sia in città che in tutto il Veneto, è Federica Luni, contitolare della Pasticceria Estense in via Forcellini e presidente del Gruppo Pasticcieri (in tutta la provincia 60, di cui 30 solo a Padova) all’interno dell’Appe, l’associazione di categoria guidata da Erminio Alajmo e Filippo Segato.
«No» dice Federica Luni. «Così non va bene. Siamo davanti a una vera e propria concorrenza sleale che potrebbe e dovrebbe essere punita dalle autorità competenti in base alle normative vigenti. Come fanno a vendere i dolci senza aver aperto prima una partita Iva e senza avere i requisiti igienico-sanitari? Capisco che in tante famiglie c’è ancora tanta crisi, ma il business dei pasticcieri abusivi non può essere portato avanti ai nostri danni. I laboratori, giustamente, spesso vengono visitati e controllati dalle autorità competenti. A volte anche dai Nas. In pratica, per ovvi motivi, veniamo tenuti continuamente sotto controllo. Gli abusivi, invece, nelle loro case, dove non li vede nessuno, possono fare tutto quello che vogliono».
E la nota pasticciera di Forcellini ricorda, naturalmente con un velo d’ironia, anche quelli che sono i messaggi al grande pubblico, che arrivano dalle trasmissioni televisive. «Chissà perché le pasticciere, che si vedono in tv, sono sempre tutte ingioiellate e truccatissime. Ma lo sanno questi improvvisati artigiani che a noi professioniste è perfino vietato portare lo smalto sulle unghie perché potrebbe finire sui prodotti utilizzati?».
«Chiediamo – conclude Federica Luni – ai colleghi di ristoranti, bar, locali notturni e, soprattutto, alle ludoteche e alle scuole di collaborare per tutelare i nostri e loro piccoli clienti. Non bisogna fidarsi, va chiesta sempre la certificazione del dolce che viene portato, una sorta di “carta d’identità” in cui solo il professionista può dichiarare quando è stato prodotto, a chi è stato consegnato e come deve essere conservato ed entro quale termine deve essere consumato».
Felice Paduano
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