“Patria”, Farina racconta le vertigini dell’Italia in crisi

L’Italia sospesa e in crisi di oggi e quella del declino politico e sociale degli ultimi trent’anni si intrecciano in “Patria” di Felice Farina, con Francesco Pannofino, Roberto Citran e Carlo Giuseppe Gabardini, tratto dall’omonimo libro di Enrico Deaglio, in concorso nelle Giornate degli autori e nelle sale in ottobre distribuito da Luce Cinecittà. La storia parte da un gesto di protesta: quello che compie Salvatore (Pannofino), operaio siciliano da decenni a Torino, quando viene a sapere che la sua fabbrica sta per chiudere. L’uomo in preda alla rabbia sale su una torre della fabbrica e minaccia di buttarsi, sperando di attirare l’attenzione dei media. Giorgio (Citran), sindacalista della fabbrica, decide di non lasciarlo solo e lo raggiunge. Tuttavia l’unico che si interessa alla protesta è Luca (Gabardini), guardiano autistico e ipovedente che va a portare ai due un po’ di vettovaglie. Insieme vivono una lunga notte, nella quale si confrontano sugli sconvolgimenti negli ultimi trent’anni del Paese (evocati dalle immagini d’archivio), dalla morte di Berlinguer alla crisi della sinistra; passando per i terremoti politici, Mani pulite, la mafia, le stragi, Berlusconi.
«Io mi sento onorato da questo film, in particolare perché sono l'autore del libro da cui è tratto» scrive Enrico Deaglio nelle note di produzione. “Patria” «aveva l’ambizione di parlare di quello che era successo all’Italia negli ultimi trent’anni» aggiunge il giornalista e scrittore. «Farina ha fatto uno splendido lavoro sulla disperazione italiana, ha fatto un film popolare italiano, come non se ne facevano più da tempo».
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