Pfas, i fanghi inquinati verso Fusina. Saranno bruciati nell’inceneritore

FUSINA. I fanghi di depurazione delle acque reflue del Veneto, compresi quelli contenenti gli inquinanti Pfas provenienti dal Vicentino, potranno e più probabilmente saranno bruciati nell’inceneritore che Veritas, attraverso Eco-progetto, vuole costruire nel polo di Fusina. Emerge dalla lettura delle centinaia di pagine di documentazione della procedura Via (Valutazione di impatto ambientale) cui è sottoposto il progetto in Regione. Veritas, interpellata, conferma ma parla solo di «una possibilità». E sostiene che «il recupero energetico rappresenta una soluzione al problema Pfas nei fanghi». I comitati civici, a partire da Opzione Zero, annunciano battaglia. A leggere le carte di Ecoprogetto, la linea di essiccazione fanghi, potrà diventare un punto di riferimento per lo smaltimento - bruciandoli - per tutta i consorzio dei Veneto.
Fanghi dal Veneto
L’ammissione di Ecoprogetto è contenuta in una risposta alla richieste di integrazione formulate dal Consiglio di Bacino Laguna di Venezia, depositata alla commissione Via della Regione. Nel dettagliare le caratteristiche del progetto, la società di Veritas spiega che «è possibile che l’impianto possa ricevere i fanghi di impianti di depurazione di acque reflue civili afferenti ad altri gestori appartenenti al gruppo Viveracqua su eventuali indicazioni dei Consigli di Bacino ottimizzando così l’investimento, contenendo i costi di gestione con vantaggi per la tariffa che può essere ridotta di circa un 3%».
Viveracqua
Viveracqua è il Consorzio che riunisce i dodici gestori idrici del Veneto, tra i quali quelli che si occupano della depurazione nelle zone inquinate dai Pfas, tra Trissino (Vicenza) e Motagnana (Padova). È proprio da Trissino infatti che è partito l’inquinamento dell’acqua, per il quale è accusata la Miteni (lunedì riprende il processo a Vicenza, coinvolti 11 manager fino al 2013 della multinazionale) per averli “scaricati” nella falda. Un caso di «avvelenamento idrico unico in tutta Italia» come ha certificato la relazione della Commissione Ecomafie licenziata nel 2016. Nella fase di depurazione delle acque, i fanghi si riempiono di inquinanti, compresi i Pfas.
Pfas e speculazione
E smaltire i fanghi inquinati è sempre più difficile. E sempre più costoso. Ecco perché l’impianto di via della Geologia, a Fusina, potrà diventare un punto di riferimento per lo smaltimento. È sempre Ecoprogetto a spiegarlo, sostenendo che a livello nazionale si sta chiudendo la strada «del recupero mediante compostaggio in agricoltura» per non interferire con la catena alimentare umana. Le alternative sono due: renderli inerti e metterli in discarica o bruciarli e, come si dice in gergo tecnico, «valorizzarli». Il problema dello smaltimento è ancora più sentito in Veneto. «La problematica riguardante i Pfas ha determinato un vero e proprio trauma nel mercato innescando, per le soluzioni praticabili, una spirale speculativa», si legge nella relazione di Ecoprogetto, che cita un’impennata dei costi di gestione.
«Impianto strategico»
«La tendenza per i prossimi anni per quanto riguarda lo smaltimento o la valorizzazione è in ulteriore peggioramento e potrebbe diventare di emergenza, qualora non si disponesse di adeguati impianti», recita ancora la relazione di Ecoprogetto depositata alla commissione Via, che fa riferimento anche alle ulteriori normative restrittive verso le quali si sta andando, a livello regionale e nazionale. Prosegue la relazione: «In questo contesto il problema potrebbe non essere più il costo dello smaltimento o della valorizzazione quanto piuttosto la possibilità di trovare una soluzione di destino adeguata in un contesto di spirali speculative. Per questo motivo diviene strategico poter disporre di un impianto proprio come quello in progetto nel polo di via della Geologia per poter rimanere al di fuori delle dinamiche di tale mercato».
I volumi
Quanti fanghi potrebbero arrivare al’impianto di Fusina da fuori città? Veritas dice che l’arrivo di fanghi da fuori bacino di Venezia è solo un’ipotesi sul piatto. Tuttavia linea è tarata per 90 mila tonnellate di fanghi l’anno bruciati dopo una riduzione del volume di circa 70% (ne restano quindi circa 30 mila effettivamente valorizzati). E guarda caso, come emerge dalla documentazione presentata agli istituti finanziari - che hanno chiesto un business plan dettagliato - per ottenere il finanziamento, «i flussi di entrata dei fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane sono quelli complessivamente prodotti dagli impianti del delle aziende aderenti al Consorzio Viveracqua (a regime 90.000 tonnellate all’anno)». —
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