Piazza Insurrezione, «ingresso al Q vietato agli americani»

Studentessa di Cittadella lasciata fuori dal locale di Padova: «perché altri ragazzi statunitensi hanno creato problemi»
PD 13 ottobre 2004 G.M. Inaugurazione ristorante Q. (CARRAI) Inaugurazione ristorante Q - Carrai
PD 13 ottobre 2004 G.M. Inaugurazione ristorante Q. (CARRAI) Inaugurazione ristorante Q - Carrai

CITTADELLA. Il longue bar-restaurant «Q», in centro a Padova, a due passi da Piazza Insurrezione, nega l'ingresso a tre ragazzi. Quale sarebbe stata la loro colpa? Essere americani. Dopo il caso del Factory di via Sarpi, a fine ottobre, un nuovo episodio di discriminazione? Laura Frigo, 26 anni, di Cittadella, studentessa di Medicina, ha visto tutto: era lì, con i suoi tre amici stranieri. Si è opposta all'atteggiamento del buttafuori. Non c'è stato nulla da fare. E su Facebook sfoga la sua indignazione: «C'è da vergognarsi di essere padovani».

Cos'è successo? «A mezzanotte del 6 gennaio – racconta – io e una mia compagna di corso volevamo entrare al Q bar di Padova assieme a tre ragazzi americani, sono nostri amici che lavorano a Vicenza, hanno tra i 23 e i 25 anni. Il buttafuori, quando ha saputo che i nostri amici erano americani, ha impedito loro di entrare, sostenendo che in passato il locale ha avuto problemi con persone della loro nazionalità».

Che tipo di problemi? «Vorrei vedere te quando ci sono le risse», mi ha detto. Mi sono opposta: erano forse stati i tre ragazzi con noi a provocare i problemi? Erano loro? Ha comunque ammesso di non avere mai visto i nostri amici, quindi non erano stati certo loro a creare problemi». Il buttafuori è stato fermissimo: «Diceva che “sono tutti così, magari se ne salva 1 su 100, ma non si può rischiare”». Laura è andata a fondo, non ha mollato: «Gli ho chiesto di vedere il regolamento e mi ha risposto che era verbale e non scritto, allora gli ho chiesto di parlare col proprietario e mi ha detto che potevo stare lì ad aspettarlo fino alle quattro del mattino, ma lui non mi avrebbe fatto entrare».

Nulla da fare: «Il dialogo, vorrei dire surreale, è andato avanti cinque minuti, con gruppetti di persone che ci passavano bellamente davanti ed entravano nel locale. Avrei voluto chiamare i carabinieri, ma i nostri tre amici - che nel frattempo stavano cercando di capire il dialogo tra me e il buttafuori, aiutati nella traduzione dalla mia amica di corso – offesi e intristiti dal rifiuto, hanno preferito andarsene».

Resta la rabbia, il senso di avere subito una ingiustizia: «Trovo l'accaduto assurdo, perché non importa se in passato hai avuto problemi con altri americani, la responsabilità penale è personale, vige una Costituzione, in Italia, e c'è l'articolo 27. Ho detto al buttafuori che era incostituzionale impedire l'ingresso a delle persone solo perché americane, ma non ha sentito ragioni: niente da fare. Era la prima volta che sceglievamo il Q bar per terminare la serata ed è la prima volta, in quasi 27 anni, che mi vergogno di essere padovana».

Il Q - come si legge nel sito del noto locale padovano - si definisce un locale “styloso”; ha preso il posto dello storico cinema Quirinetta, di cui conserva l'iniziale. Un locale che si qualifica anche per l'alta concentrazione di vip: al Q pare sia «facile incontrare personaggi della politica, della finanza, dell’industria, ma anche volti conosciuti della tv, dello sport, della musica, i calciatori Bettarini, De Franceschi del Padova, Umberto Smaila, Jerry Calà, Sergio Vastano, Raf, Emanuele Filiberto di Savoia, Marco Predolin, Walter Nudo, Edo, Alessandro Saffina, Luca Argentero, Fedro, Albertino».

A fine ottobre fece discutere il caso di Orjeta, la ragazza albanese che non venne fatta entrare al Factory Club di via Sarpi, per la decisione dei gestori di vietare l’ingresso ad albanesi, romeni e nordafricani, dopo aver avuto problemi di risse all’interno del locale; Orjeta condivise la battaglia con il Pd, i Giovani Democratici e l'associazione Razzismo Stop.

Il titolare: "Qui tutti benvenuti". Il «Q» discrimina? «Mi pare strano, il locale è aperto a tutti». Il gestore, Andrea Massaggia, cade dalle nuvole: «Non ne so nulla, non c'ero neppure quella sera, nessuno mi ha riferito quest’episodio, ma non ho motivo di dubitare dell'operato degli uomini della sicurezza, sempre molto scrupoloso e attento. C'è una sola preclusione: nei confronti delle persone maleducate, in evidente stato di ubriachezza e minorenni. Sicuramente non verso gli stranieri, anzi; il martedì sera organizziamo serate di latino-americano e il 50% della clientela è sudamericano, per non parlare poi degli studenti Erasmus. Il locale è aperto da 8 anni e non ci sono mai stati problemi particolari». Fino all'altra sera, a quanto pare. «Gli uomini della sicurezza sono umani, probabilmente possono sbagliare anche loro», concede Massaggia. E ribadisce: «Il locale è pubblico, non si paga il biglietto ed è accessibile a tutti. Ripeto: a tutti»

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