Piazzale Boschetti, arrivano le ruspe

Un pezzo di città cambia completamente volto: ora come testimonianza del passato c’è solo la vecchia palazzina Liberty
Di Aldo Comello
PD 13 ottobre 2005 G.M. Palazzina adiacente al piazzale Boschetti (SALMASO) Palazzina adiacente al piazzale Boschetti - Salmaso
PD 13 ottobre 2005 G.M. Palazzina adiacente al piazzale Boschetti (SALMASO) Palazzina adiacente al piazzale Boschetti - Salmaso

Le ruspe hanno già fatto tabula rasa del corpo centrale che costituiva l’area di servizio di piazzale Boschetti. Si tratta di un’opera realizzata per la biglietteria e per qualche ufficio collegato agli arrivi e alle partenze del pullman, quando la piazza era il cuore cittadino della mobilità su gomma. Resta in piedi la palazzina Liberty tutelata dalla Soprintendenza. Fu realizzata tra gli anni 20 e gli anni 30 del secolo scorso, carica di ornamenti (foglie, motivi floreali), costituisce un pezzo di pregio del Novecento padovano. Ospitava appartamenti, spazi di residenza, probabilmente legati alle maestranze che lavoravano in zona. Il cantiere non toccherà la palazzina il cui vincolo è stato ribadito dall’allora Sovrintendente Guglielmo Monti in occasione della presentazione del progetto dell’Auditorium: un alt perentorio, la palazzina non si tocca. Comunque, anche l’abbattimento del fabbricato centrale, assolutamente anonimo, segna un cambiamento, sancisce l’eclissi del piazzale, già stazione delle corriere Siamic e poi Sita e delle linee per Venezia. Ora l’area è un buco, uno spazio vuoto dopo il trasloco in piazzale della Stazione del cosiddetto intermodale.

D’altra parte questa è l’area della città che ha subito più cambiamenti. Era zona industriale con i Cementi, la fabbrica della Breda, la complessa meccanica di carrucole e catene per il trasporto del carbone oltre il fiume fino al gasometro dove il coke diventava gas.

Al posto del parcheggio c’era l’Ex Cledca, producevano naftalina e altra merce chimica e a passarci davanti nei giorni di vento lacrimavano gli occhi. In via Gozzi, dopo l’incrocio, sorgeva la Zedapa, fabbrica di minuterie metalliche di importanza almeno regionale, proprietà di Zuckermann e Diena, imprenditori ebrei. Quartiere industriale, dunque, che nello spazio di un decennio viene trasformato in area del terziario avanzato. Spuntano mini-grattacieli in vetro e metallo che ospitano le banche, le più importanti banche padovane. Anni fa tra via Rezzonico e il secondo tratto di via Trieste c’era un immenso prato dove si allevavano conigli e galline in un matrimonio curioso tra il rurale e l’industriale. Oggi l’area ha subito una nuova drastica rivoluzione in attesa di un Auditorium che non si sa se sarà realizzato. A far memoria del passato è restata solo la palazzina Liberty e speriamo che resti, segno di una Padova che non c’è più, la città dei barconi che dalla Malcontenta o dalla riviera del Brenta trasportavano sabbia o carbone La Milano del Veneto la chiamavano, ora è più bella, più pulita con una maggiore sensibilità ambientale, ma in certi angoli, soprattutto dopo il tombinamento del Naviglio in centro, è quasi irriconoscibile. Le industrie di periferia (Bassanello con Cesarin e l’Ingap) e le attività artigianali in centro storico sono scomparse per sempre. Questa palazzina solitaria in via Trieste, strada di grande traffico, sbocco verso il quartiere universitario, come la polena di un antico vascello, ci aiuta a tenere viva la memoria della Padova di una volta.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova