Polverara custode delle sante spoglie e sede prescelta per tre monasteri

La chiesa più antica sorse dov’era inumato San Fidenzio La comunità nel 1276 assurge al rango di podestaria
BELLUCO-FOTOPIRAN-POLVERARA-TORRE COLOMBARA
BELLUCO-FOTOPIRAN-POLVERARA-TORRE COLOMBARA

francesco jori

Strano connubio: terra di fede e di galline. Che altro dire, di un piccolo paese che nella storia ha ospitato le spoglie di un santo, tre importanti monasteri e un gallinaceo da record?

Polverara si affaccia agli archivi della storia scritta, quindi inoppugnabilmente documentata, solo nel 1130: succede quando Bellino, vescovo di Padova, conferma ai canonici della cattedrale il possesso della “cappella di San Fidenzio con tutte le decime di quel luogo che è chiamato appunto Polverara”. Quella chiesa in realtà ha alle spalle una storia che si mescola con la leggenda: si dice che tra la fine del 500 e l’inizio del 600, sotto la spinta delle prime invasioni longobarde, buona parte della popolazione della città di Padova si sia messa in salvo fuggendo verso la laguna, sotto la guida del proprio vescovo, il quale ha portato con sé le preziose reliquie di San Fidenzio; strada facendo, ha deciso di seppellirle nei pressi di Polverara. Secoli dopo il vescovo Bellino, informato da una visione della presenza delle sacre spoglie, le ha rintracciate, e sul luogo ha fatto erigere una chiesa intitolata al santo, anche se poi le reliquie sono state trasferite nella Bassa padovana, in quel di Megliadino, dando il nome al paese. Ma San Fidenzio rimane in qualche modo incardinato in quella Polverara che gli ha dato asilo per secoli, diventandone il patrono.

È forse questa augusta presenza spirituale, con il richiamo esercitato anche dalla leggenda, a favorire il radicamento nel territorio comunale di ben tre monasteri, malgrado la ridotta consistenza demografica del paese.

terra di devozione

Già nel 1242 si ha notizia della presenza di un insediamento di suore benedettine dedicato a Sant’Agnese, e che opera fino al 1589. Cinque anni dopo un documento riferisce dell’attività di un monastero dei padri predicatori intitolato alla Natività di Maria, che nel 1349 passa ai monaci olivetani: vi rimarranno fino al 1771 allorché la Serenissima, trovandosi a corto di liquidità nelle pubbliche casse, procederà alla vendita di una serie di beni patrimoniali tra cui questo di Polverara, acquistato da Andrea Querini. Infine, più o meno nella stessa epoca sorge un insediamento monastico degli agostiniani, che lo dedicano a Santa Margherita; ci rimarranno fino al 1441, per poi lasciare spazio alle monache delle Vergini di Venezia, che a loro volta vi resteranno fino al 1808, quando il loro ordine verrà soppresso. Oggi la sola testimonianza residua di queste presenze è rappresentata dalla torre colombara dell’ex monastero olivetano.

Fra rotte e devastazioni

Intanto, dal 1276 Polverara è diventato podestaria, il che significa che ha una sua amministrazione autonoma affidata appunto a un podestà, antesignano degli odierni sindaci. Ma al tempo stesso finisce ripetutamente nell’occhio del ciclone: un po’ per colpa degli uomini, con una serie di guerre pressoché ininterrotte fino all’inizio del Quattrocento tra i padovani e i loro vicini veronesi e veneziani, con una coda nel Cinquecento quando la Serenissima si trova implicata nella guerra contro la Lega di Cambrai, le cui assatanate truppe passano anche da queste parti seminando rovine; un po’ per colpa della natura, con le devastazioni recate da antiche e recenti alluvioni: ultime le rotte del Brenta nel 1882, e del Bacchiglione nel 1907.

Sempre legata a una solida tradizione religiosa è anche l’unica frazione di Isola dell’Abbà: nome che le deriva dall’essersi a suo tempo trovata in una piccola porzione di terra emersa lungo il tortuoso corso del Roncajette, ma anche da una donazione disposta nel 1076 dal vescovo di Padova Ulderico all’abate (“abbà”) del monastero di Santa Giustina.

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