«Quadrifoglio, no all’asilo ghetto»

Classe di soli immigrati all’Arcella, il sindacalista: «Mancato il coordinamento, tocca alle istituzioni»
Di Felice Paduano

Se nessun genitore italiano, che abita nella zona compresa tra il rione San Lorenzo e quello di prima Arcella, ha scelto di iscrivere il proprio bambino, di età compresa tra i tre e i quattro anni, alla futura prima classe della materna statale Quadrifoglio, due possono essere i motivi. O ha già deciso d’iscriverlo alla privata paritaria Vendramini, gestita dalle suore Elisabettine, dove la retta mensile costa 285 euro, oppure alla vicinissima materna comunale San Lorenzo da Brindisi, che è di competenza dell’amministrazione pubblica.

«Queste, infatti, sono le uniche spiegazioni possibili per individuare le cause, in base a cui alla Quadrifoglio sono stati iscritti solo figli d’immigrati» sottolinea Tiziano Sandonà, maestro elementare in distacco sindacale alla Cisl «tuttavia, in questa storia che, d’altronde, rappresenta la continuazione di quanto successo lo scorso autunno nella scuola di via Bach, la cosa grave è che, ancora una volta, è venuto a mancare il coordinamento tra l’Ufficio scolastico provinciale, l’amministrazione comunale e i dirigenti degli istituti comprensivi della città per gestire al meglio tale tipo di situazioni. Per fortuna siamo ancora a marzo e, quindi, la formazione delle classi non è ancora definitiva».

Per questo motivo, chiarisce quindi Sandonà, «le istituzioni hanno ancora tempo per prendere in mano le iscrizioni effettuate alla prima classe della Quadrifoglio per evitare, in città, la formazione di un’altra classe ghetto - sostiene il sindacalista - anche se, poi, ha pienamente ragione l’ex assessore alle scuola, Claudio Piron, quando dichiara che, in fondo, i 21 alunni già iscritti alla Quadrifoglio sono italiani a tutti gli effetti perché sono nati nel nostro Paese ed alcuni di loro hanno anche frequentato gli asili nido a fianco dei bambini, figli d’italiani».

Molto critico Carlo Salmaso, insegnante del Severi e docente del Comitato insegnanti-genitori. «Questo succede perché solo nel Veneto ancora oggi il 70% delle materne è di tipo privato-paritario, mentre solo il 30% è gestito dallo Stato o dalle amministrazioni comunali» osserva Salmaso «in Emilia Romagna solo il 5% delle scuole materne (ovvero che accolgono i bambini dai 3 ai 5 anni) è in mani private. Per invertire il rapporto tra le materne pubbliche e quelle private è necessario, da subito, non dare più finanziamenti alle paritarie e istituire tante nuove scuole statali. Anche per non far pagare più così tanti soldi ai genitori che mandano i figli alle private, dove, la retta mensile, quasi ovunque, va da 250 a 300 euro. Per il resto mi permetto di consigliare alla preside del Quarto istituto comprensivo, Maria Grazia Bollettin, come d’altronde avviene anche in altre materne della città, di non formare, a settembre, non un’unica classe prima di materna (che sarebbe composta solo da bambini figli di stranieri, ndr), ma di distribuirli anche nelle altre classi di seconda e di terza» conclude.

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