Quella torre rifiutata da Barcellona...

Una maxibotte di champagne da migliaia di litri accolse i visitatori dell’Expo del 1889. Oggi il contenuto varrebbe oltre un centinaio di migliaia di euro e sì e no lo Stato francese si potrebbe...
Di Ludovico Fraia

Una maxibotte di champagne da migliaia di litri accolse i visitatori dell’Expo del 1889. Oggi il contenuto varrebbe oltre un centinaio di migliaia di euro e sì e no lo Stato francese si potrebbe permettere di regalarlo ai turisti.

La maxibotte accolse la gente a pochi metri della straordinaria “porta” di quell’Expo: la Tour Eiffel. Quello stesso monumento che, per la sua presunta soverchia bruttezza, convinse lo scrittore Guy de Maupassant a lasciare per sempre Parigi e che pure, per lo straordinario successo tra la gente comune, non fu demolita entro vent’anni come prevedeva il contratto ma – come tutti ben sappiamo – sta lì ancora a simboleggiare la Francia.

Il bello è che non doveva stare lì, ma a Barcellona, per l’Expo del 1888. L’ingegnere-imprenditore Alexandre August Eiffel , infatti, a capo dei progettisti della sua società, Maurice Koechlin e Emile Nouguier, l’aveva offerta alla Città di Barcellona ma si era visto opporre un secco rifiuto. Per due motivi: 1) era orrenda; 2) costava una montagna di soldi. Barcellona la rimpiazzò con un arco di mattoni di gusto assirobabilonese che, pur esistendo ancora, nessuno conosce e ricorda.

Nell’Expo del 1867 i ristoranti internazionali nella Francia di Napoleone III erano cari, quasi proibitivi. Ma garantivano la qualità della manifestazione (rigorosamente per ricchi). Sì, perché questo legame con il cibo – allora furono presentate anche le piante esotiche alimentari – ha sempre seguito le Expo. Cibo, ma coniugato con l’acciaio. L’acciaio della tecnologia più avanzata, quello della Tour Eiffel ma anche quello delle armi.

Proprio nell’Expo del 1867, accanto ai ristoranti all’avanguardia mondiale della Francia (apparentemente) trionfante del nuovo Napoleone, i prussiani esibirono i loro nuovi terrificanti cannoni, quelli stessi che solo tre anni più tardi – nel 1870 a Sedan – buttarono giù Napoleone III il suo Secondo Impero, la classe sociale della ricca borghesia che lo sosteneva e la Francia stessa, costretta per cinquant’anni a cedere Alsazia e Lorena ai tedeschi.

Il caffè turco fu invece protagonista dell’esposizione di Milano 1906. In un’epoca in cui andare al Cairo era davvero un privilegio dei ricchi, fu ricostruito tra i padiglioni meneghini un piccolo quartiere della capitale egiziana, con popolani, cammelli e relativi locali per la degustazione del caffè. Grande successo.

Un altro straordinario successo fu quello del cioccolato nell’Esposizione nella città fiamminga di Gand nel 1913. Fu lì che nacque la Leonidas, marca di cioccolato belga di prestigio mondiale. Sono passati più di cent’anni e due guerre mondiali ma il cioccolato belga non è mai tramontato, anzi.

Per la verità di belga il ciocclato Leonidas ha poco. E dice molto sul ruolo che può avere un’Expo sul successo mondiale di un prodotto. Fu un pasticciere greco, Leonidas Kestekides, proveniente dalla Cappadocia, a presentare il suo cioccolato prima a Bruxelles e poi, appunto, a Gand.

Il Belgio fu un’occasione per Leonidas, perché il re Leopoldo II non sapeva come utilizzare le enormi quantità di cacao che importava dal Congo. Allora fu l’immigrato dalla Cappadocia a pensare come usarlo.

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