Ristoranti e bar in rivolta contro i buoni pasto «Perdiamo il 30%»

Sono centinaia gli esercenti padovani che stanno iniziando a rifiutare i buoni pasto delle principali società emittenti. Il nodo è sempre lo stesso, ma il problema si aggrava ogni anno. Per un buono pasto da 10 euro incassato, alcuni ristoranti, bar e supermercati padovani rischiano di vedersi saldato dall’azienda che li emette non più di 7 euro. Una tassa occulta che i commercianti del settore alimentare di Ascom, dell’Appe ma pure di Confesercenti, di Federdistribuzione, di Conad, Coop arrivano a stimare intorno al 30% tra commissioni sempre più alte, costi finanziari e di gestione, ritardi nei pagamenti.
A denunciare a Padova una situazione al limite della rivolta è Michele Ghiraldo, presidente provinciale e regionale della Fida Ascom Confcommercio, che associa i piccoli alimentaristi del territorio. «Quello che era uno strumento interessante di fidelizzazione del cliente, quasi un assicurazione su un aumento significativo del fatturato è diventato sempre meno conveniente» spiega Ghiraldo. «Negli anni’80 le commissioni pagate su un pasto da 10 mila lire non superava le 200 lire. Negli anni ’90 le 7-800 lire. Nel 2003, anno del primo No Ticket Day, i 90 centesimi. Da quel giorno le cose sono andate rapidamente peggiorando». E i commercianti puntano il dito sulla Consip, la centrale unica degli acquisti della Pubblica Amministrazione, che in materia di buoni pasto solo a Padova pesa per circa un terzo dei 50 milioni di euro di giro d’affari annuo dello strumento. Gli utilizzatori sono 45 mila. Nel corso dell’ultima gara aggiudicata, i 15 lotti, dal valore complessivo di 1 miliardo di euro, sono stati assegnati con uno sconto medio del 20% e con picchi al di sopra del 22%. Uno schema identico a quello del 2016, quando il ribasso medio si è assestato attorno al 15%. Uno standard che sta diventando di riferimento anche per le gare private. Il risultato è una perdita di redditività per gli esercizi commerciali che arriva fino al 30-40%. Tanto da mettere a rischio la sopravvivenza stessa di molti bar, ristoranti e punti vendita di generi alimentari. «Il ministro dello Sviluppo Economico Patuaneli e la ministra del Lavoro Catalfo vengano a consumare un pasto con noi» provoca Ghiraldo «così gli spieghiamo bene cosa potrebbe significare per le imprese e per i dipendenti pubblici e privati non avere più la possibilità di pagare la spesa o il pranzo con i ticket. Sembra quasi che lo Stato abbia deciso di scaricare su di noi la sua spending review che, notoriamente, non riesce a fare da nessun’altra parte, dimenticando che il buono pasto è un servizio che già gode di agevolazioni importanti in termini di decontribuzione e defiscalizzazione». Dei circa mille supermercati e pubblici esercizi che accettano ticket restaurant a Padova (sui 3.000 della provincia censiti da Appe) già alcune centinaia stanno iniziando a rifiutare alcuni dei grandi nomi tra le società emittenti del settore. «Non si può fargliene una colpa» conclude il presidente di Fipe. «Molti sono già stati scottati solo alla fine del 2018 dalla vicenda Qui! Group, azienda leader dei buoni pasto alla pubblica amministrazione che, dopo essere stata dichiarata fallita a settembre 2018, ha lasciato 325 milioni di euro di debiti, di cui circa 200 milioni nei confronti degli esercizi convenzionati». —
Riccardo Sandre
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