Rugby, gioco violento in spogliatoio. Per il pm è una goliardata

A Monselice la madre di un rugbista minorenne aveva denunciato nove tra atleti e dirigenti. Il pm chiede l’archiviazione. La famiglia del ragazzo è stata risarcita con 1.500 euro e ha ritirato la querela


MONSELICE. La schiena dell’adolescente era diventata per l’occasione un “pulsante” e la vittima di turno era diventata un bottone da premere.

Un gioco da matricola, costato però una schiena costellata di lividi e pure il rischio – per nove persone tra compagni di squadra e dirigenti – di un rinvio a giudizio per lesioni e omessa vigilanza.

Con l’udienza del 7 ottobre, in Tribunale a Rovigo, la vicenda si è però quasi definitivamente tramutata in una bolla di sapone. E quel gioco, descritto come una tortura, si è avvicinato sempre più a una goliardia.

Il rito di iniziazione

È il 7 ottobre 2018 e un atleta minorenne di Monselice sta tornando da una trasferta con la sua squadra di rugby. La società ha sede a Rovigo e il ragazzo indossa quei colori da ormai quattro anni. Per l’atleta quello era il debutto in Under 18: un esordio fortunato, vista la vittoria sugli eterni rivali di Treviso.

In pullman, l’euforia del momento culmina in una sorta di rito di iniziazione: come in un quiz televisivo, i compagni del giovane devono prenotare la possibilità di rispondere a una domanda, ma a suon di manate sulla schiena del ragazzo. Che, tornato a casa, mostra i lividi alla madre. Risultato: visita al Pronto soccorso (prognosi di 10 giorni) e denuncia per nove persone tra atleti (tre in tutto) e dirigenti, tra cui anche un ex All Blacks.

La difesa

I nove denunciati – difesi dagli avvocati Marco Petternella, Federico Cogo e Francesco Zarbo – hanno respinto ogni accusa. Hanno spiegato che il giovane - consapevole delle tradizioni sportive che investono le matricole - non si era opposto al gioco, e che proprio quel clima scherzoso non aveva assolutamente allertato i dirigenti presenti nell’autobus. Un’altra matricola avevo persino girato nuda tra i sedili, anche in questo caso senza opporsi al diktat dei compagni più grandi.

Non solo: quei lividi sulla schiena dell’atleta, stando alla difesa, erano perlopiù dovuti al match appena giocato, che era stato duro e intenso. I segni delle manate erano evidenti, ma altri erano evidentemente stati lasciati da colpi e tacchetti in campo.

Risarcimento e archivizione

Il pm titolare dell’inchiesta, Andrea Bigiarini, ha chiesto l’archiviazione del fascicolo: lo aveva già fatto mesi fa e lo ha confermato lo scorso 7 ottobre davanti al gip polesano.

La madre del giovane atleta vessato (che poi ha cambiato team) ha invece ritirato la querela: ha accettato un risarcimento simbolico di 1.500 euro dalla società (anche se non in prima battuta). Il giudice Raffaele Belvederi  si è riservato la decisione. Dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni: la strada per chiudere l’indagine senza procedere a carico degli indagati, tuttavia, appare ormai tracciata.

Nessuna tortura, era goliardia da sport. —


 

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