Sarmeola, il bar "Oasi" in fumo: in manette il titolare Filippo Peraro

RUBANO. «Conosco Claudio Zacchia perché ha la stessa età di mio fratello Alberto ed era un mio cliente abituale, ma non so proprio cosa posso avergli fatto di male a tal punto da congegnare un simile piano contro di me e la mia famiglia». Parole di Filippo Peraro, per tutti semplicemente Pippo, titolare del chiosco-bar "L'Oasi" nel cuore del parco in viale Po a Sarmeola, saltato in aria la notte tra il 28 e il 29 settembre 2012. Era il 29 marzo scorso e, il giorno precedente, erano stati arrestati il tecnico informatico Claudio Zacchia, 30 anni di Selvazzano, e il commercialista Victor Zorzetto, 45 di Montegrotto, accusati di aver assoldato i tre “manovali” che materialmente avevano provocato il disastro. Ieri è toccato a Filippo Peraro, 41 anni di Rubano residente in via Mazzini 48, finire dietro le sbarre con l’accusa di essere lui il vero ideatore e mandante dell’esplosione. Con un preciso obiettivo: distruggere quel chiosco in difficoltà economiche, incassare la polizza assicurativa di 100 mila euro dal gruppo Itas Assicurazioni e trasferirsi alle Canarie per aprire una nuova attività, una volta liquidate le spese, ovvero il “prezzo” dei complici. Ormai da giorni Peraro sentiva il fiato sul collo degli investigatori e non è stata una sorpresa quando, ieri mattina, i carabinieri della stazione di Sarmeola sono andati a prenderlo nella sua abitazione, notificandogli l’ordinanza di custodia cautelare sollecitata dal pubblico ministero Paolo Luca e firmata dal gip Cristina Cavaggion. L’accusa contestata? Concorso in incendio doloso aggravato. Per domani è previsto l’interrogatorio di garanzia davanti al gip nella casa circondariale.
Personalità «infida e spregiudicata»: così viene descritto Peraro nel provvedimento cautelare, giustificato sia dal pericolo concreto di inquinamento delle prove sia dal pericolo, altrettanto attuale, di fuga all’estero. Ma anche - è non è da meno - dalla gravità dell’esplosione che avrebbe potuto causare il ferimento o la morte degli esecutori materiali (il chiosco era saturo di gas quando è stata accesa la miccia innescata con della benzina) come di qualche passante. A incastrare il commerciante la piena confessione di Zacchia, che aveva proposto il “lavoro sporco” a Stefano Bassan (il quale a sua volta aveva coinvolto Antonio Chinello e Mohamed Beneuza), individuato grazie a una “dritta” di Zorzetto. Ma se l’organizzazione e la messa a punto dell’attentato era in mano a Zacchia, la “mente” era Peraro, che avrebbe offerto all’amico un “premio”. Così quando sono trapelate indiscrezioni sul fatto che il giovane aveva raccontato tutto agli inquirenti, il commerciante avrebbe cominciato ad agitarsi. Subito ha presentato all’Itas assicurazioni un’istanza per ottenere il risarcimento dei danni patiti per il massimo dell’indennizzo previsto (100 mila euro), facendo valere una clausola contrattuale che consente di ottenere il pagamento dell’anticipo. Poi, all’indomani dell’interrogatorio di Zacchia e Zorzetto, si è attivato per acquisire notizie sull’indagine in corso trasmettendo alla procura una richiesta di accesso agli atti del procedimento penale in qualità di parte offesa essendo amministratore di Da.Fi srl, la società che ha la gestione del chiosco. Un segno, secondo gli inquirenti, che Peraro era in allarme e tentava di interferire con gli accertamenti avviati nei confronti suoi e del fratello Alberto (che non risulta indagato), molto amico di Zacchia. Nel frattempo quest’ultimo e Zorzetto sono stati “scaricati”. Già, perché le intercettazioni telefoniche delle scorse settimane hanno svelato che, per far meglio la parte della vittima, Peraro stava per promuovere il sequestro cautelare dei beni degli ex sodali con una causa davanti al giudice civile.
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