Sepolto con la sua tenuta da kick boxing

L'ultimo omaggio degli amici a Daygoro Crivellaro, 25 anni
 
SACCOLONGO.
Sono stati gli amici e i cugini più cari a portare a spalla, all'interno della chiesa parrocchiale, la bara di Daygoro Crivellaro, 25 anni, vittima martedì scorso di un incidente stradale in sella alla sua moto Honda in via Goito a Padova. Sul feretro del centauro, coperto di rose e margherite bianche, spiccava un ritratto sorridente del venticinquenne. Gli atleti della Maverick, la palestra di kick boxing che Daygoro frequentava con buoni risultati, hanno deposto la maglietta e i suoi guantoni azzurri.
 Dietro il feretro, mamma Riccarda e papà Renato, abbracciati alla figlia Sivimon, di un anno più giovane del fratello. A stringersi loro intorno con un abbraccio silenzioso e commosso i parenti, tantissimi amici e persone che con il giovane avevano intessuto rapporti di lavoro.  La chiesa parrocchiale dell'Assunta, addobbata con delicate ceste di fiori candidi, era gremita, tanto che in molti hanno ascoltato il servizio funebre stando all'esterno.  Nell'omelia il parroco, don Paolo Marzellan, ha ricordato che nella stessa chiesa, 25 anni, Daygoro era stato battezzato ed era cresciuto frequentandola, ringraziando anche la presenza di suor Valeria che lo aveva seguito nei suoi primi passi all'asilo.  «Non ci sono risposte al perché Daygoro sia là dentro - ha detto don Paolo guardando la bara - In nessun libro si trova una risposta a una morte così giovane. Ora non ci restano che due vie: quella diretta della fede, che ci dice come Daygoro non sia prigioniero della bara ma sia rinato nella fede eterna. Questa scelta l'ha fatta nonna Maria, che mi ha chiesto di aggiungere il nome del nipote a quello del marito nella messa di suffragio di ogni mese. Quella più tortuosa, degli affetti, ci porta a sostenerci l'un l'altro. La morte può essere affrontata, non vinta, solo restando uniti. Nella vita non contano successi, denaro, potere, contano gli affetti. L'unione tra le persone è una medicina che allevia il dolore». Strazianti le parole degli amici che hanno ricordato con voce rotta Daygoro, la forza che sapeva dare agli altri, le sue lotte «contro tutto e tutti, dalle quali sei sempre uscito vittorioso».  Gli insegnamenti preziosi che ognuno di loro, come hanno sottolineato, porterà nel cuore ogni giorno. L'ultimo saluto è stato quello di una cugina, che ha ripetuto più volte quanto non potesse essere reale quello che si stava vivendo. «Siamo stati mutilati di una parte di noi. Ti vogliamo tanto bene». Poi la bara, tra fragorosi applausi, è uscita, sempre trasportata a spalla, per avviarsi all'ultima dimora. Daygoro riposerà per sempre accanto all'amato nonno Pompeo, nel cimitero di Saccolongo.

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