Soliman, l’avvocato che ci ricasca

Sara Soliman, l’avvocato trentanovenne indagata nell’ambito dell’inchiesta sui permessi facili rilasciati dalla “cricca” dei poliziotti della questura di Padova, ha un passato - nemmeno troppo lontano - nel settore. Nel 2014, infatti, l’avvocato (abilitazione ottenuta in Spagna) era stata arrestata (in regime di domiciliari) dagli agenti della squadra mobile allora diretta da Marco Calì, con l’accusa di favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Le indagini della polizia avevano scoperto come in un solo mese lo studio legale di via Avanzo della Soliman avesse presentato 157 richieste di regolarizzazione di stranieri. Un filone, quello degli immigrati, in cui il giovane legale aveva deciso di concentrare la sua attività. Un filone che, si scopre oggi, non ha abbandonato. Le indagini che portarono all’arresto duravano da quattro anni ed erano partite dalla richiesta di regolarizzazione di 157 stranieri nell’ambito della sanatoria per colf e badanti. Sara Soliman era riuscita a crearsi una base di impresari e privati cittadini compiacenti, pronti a sottoscrivere la necessità di mettere sotto contratto gli stranieri. Un parente dell’avvocato figurava aver assunto ben sei badanti in casa. Di contro, c’era anche chi ignorava totalmente di essere il fruitore della prestazione d’opera di una colf. Questo ha prodotto situazioni paradossali come una donna dell’Est che doveva lavorare come badante a Padova e in realtà si trovava ai domiciliari a Varese per spaccio di droga. Il costo della regolarizzazione si aggirava sui duemila euro. La nuova inchiesta che ha portato in carcere il sovrintendente capo Renzo dalla Costa e altri sei colleghi indagati, vede di nuovo comparire il nome dell’avvocato Soliman. Indagata, ancora, per permessi falsi.
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