Sorella, ma il diavolo esiste davvero? Cattiveria e amore dietro la grata

Ogni mattina, aprendo il giornale, che “sfoglio” ancora, oltre che visualizzarlo sull’iPad, avverto il fragore del male che si agita attorno a noi. Il diavolo esiste? PETRA – Sì, il diavolo esiste....

Ogni mattina, aprendo il giornale, che “sfoglio” ancora, oltre che visualizzarlo sull’iPad, avverto il fragore del male che si agita attorno a noi. Il diavolo esiste?

PETRA – Sì, il diavolo esiste. Lo ricordò con forza, a questo nostro tempo smemorato, anche Paolo VI, suscitando grande scalpore! Forse è proprio perché ce ne dimentichiamo troppo facilmente che può esercitare il suo dominio. La parola diabolus viene dal verbo greco diaballein, che significa “dividere”, “separare” o, meglio ancora, “mettersi di traverso”. Il diavolo è il “divisore”, colui che si “mette di traverso” fra noi e Dio e ci “separa” da Lui e, perciò, dal bene e dalla verità che sono in Lui. Per questo il diavolo è il “padre della menzogna” (Gv 8,44), il grande seduttore e, in tempi di crisi della verità come quelli che viviamo, può fare comodamente il suo mestiere. L’arma del diavolo è l’inganno. L’uomo, infatti, non cerca il male, ma il bene e la felicità. Il problema è che il diavolo ci inganna e ci fa apparire bene ciò che bene non è e che, per questo, non ci rende veramente felici. Ciò accade perché ci presenta come bene qualcosa che non viene da Dio, che è “separato” da Dio, mentre l’uomo è fatto per vivere in comunione con Dio. (...)

Il male coincide con il dolore? Come definireste il termine “cattiveria”?

PETRA – Il dolore è forse piuttosto il frutto del male, cioè del peccato, di quella distanza che l’uomo pone fra sé e Dio. Quanto alla “cattiveria”, captivus, in latino, significa “catturato”, “preso”, e il captivus era soprattutto il prigioniero di guerra. La “cattiveria”, perciò, è l’essere prigioniero del male e del Maligno, è la prigionia della mente e del cuore che porta a fare il male, a non riconoscere più il bene e a non sceglierlo. In tutti noi può accadere e accade. La nostra coscienza, in cui risuona la voce di Dio in noi e che, perusare le bellissime parole della Gaudium et spes, è il “sacrario” della sua presenza in noi, però, ci avverte di questo. E il dolore ne è il segno. In verità, quando facciamo il male, e siamo “cattivi”, non stiamo bene, non siamo felici e in qualche modo ne siamo consapevoli. Per questo il dolore può essere strumento di redenzione. Infatti, come il dolore fisico è la spia di qualcosa che in noi non funziona e di un equilibrio che deve essere ristabilito (esempio: ho il mal di pancia, perché ho mangiato troppo), così anche la sofferenza interiore, più profonda, ci avvisa che stiamo andando in una direzione sbagliata, che ci stiamo allontanando da Dio e che abbiamo, invece, bisogno di Lui. Nella misura in cui la forza del male che si oppone a Dio causa sofferenza, essa lavora al proprio smascheramento. Il dolore ne è lo strumento.

(Tratto dal libro Silenzio Amico, Giampiero Beltotto, Marsilio Editore)

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