Stupro, assolto dopo sei anni. Il legale di lei: «Che amarezza»
Il penalista Frattallone: cambiati due volte i collegi giudicanti e intervenuti tre pm tra inchiesta e processo

È stato uno stupro quello che si è consumato la notte del Natale 2019, nei confronti di una ragazza all’epoca 21enne, sotto il ponte San Giovanni delle Navi in Riviera San Benedetto? Forse sì, forse no.
Secondo la sentenza di primo grado, pronunciata ieri dal tribunale di Padova, la prova che quel reato sia stato commesso è contraddittoria o quantomeno incerta. Da qui l’assoluzione dell’imputato a sei anni dall’accaduto (era il 2019) e dopo un processo durato tre anni che ha visto ben due collegi giudicanti cambiare (ieri formato dal presidente Vincenzo Santoro affiancato dalle colleghe Leso e Giorgi) e tre pubblici ministeri diversi tra indagine e udienze. Per la procura tutto era chiaro.
E tutto provato. Tanto che, al termine della requisitoria, la pm (per la prima volta in aula) aveva chiesto una condanna a sette anni di carcere. Invece è andata diversamente. Tra 90 giorni le motivazioni.Nella veste di imputato Walid Ben Nessib, tunisino di 47 anni, con precedenti penali per spaccio di droga, di fatto irreperibile e finito chissà dove, mai presente nel processo tanto che, anche a difenderlo, si sono succeduti vari legali nominati d’ufficio. Insomma imputato invisibile e processo a lui favorevole. Durante l’indagine la vittima aveva ripercorso la notte di quella che considerava una violenza (e il verbale era stato acquisito in aula).
Una notte rimasto un buco nero. Nella sua memoria solo due momenti: l’uscita da un bar nel ghetto e l’incontro con il 47enne, poi solo confusione anche se le telecamere del centro l’avevano ripresa mentre era seduta sul portapacchi della bicicletta dell’uomo diretta verso la Riviera. Infine – come da lei riferito – il drammatico risveglio all’alba, confusa, sotto quel ponte con quell’uomo sconosciuto sopra di lei.
Vittima e mamma di lei (quest’ultima unica presente ieri) si erano costituite parte civile con il penalista Salvatore Frattallone che non ha nascosto una profonda delusione all’uscita dell’aula: «Esprimo profonda amarezza per questo esito processuale, soprattutto alla luce degli elementi raccolti durante l’indagine e il dibattimento: oltre alla dichiarazione della vittima e alle consulenze tecniche, numerosi testimoni hanno riferito di aver visto la giovane allontanarsi proprio con l’imputato quella sera, trasportata sul seggiolino posteriore della bici di lui.
E le telecamere del centro storico di Padova li hanno ripresi insieme durante la notte e pure la mattina successiva, quando la ragazza, visibilmente stordita, aveva cercato di tornare nel punto in cui aveva lasciato la propria bici la sera prima. Questa decisione» osserva il legale, «giunge nel momento, delicato, in cui si sta discutendo in Parlamento se il consenso all’atto sessuale debba essere espresso in modo chiaro e inequivocabile. Il caso odierno solleva interrogativi gravi: può ritenersi lecito compiere un atto sessuale quando la donna non sia in condizione, come in questa vicenda, di esprimere un valido consenso?» .
E ancora: «I ripetuti mutamenti del collegio giudicante e dei pubblici ministeri forse non hanno giovato al regolare svolgimento del procedimento penale e del processo. E non hanno favorito la celerità del giusto processo, aumentando il senso di incertezza e di disagio per le parti coinvolte» rincara l’avvocato Frattallone. Alla parte civile non resta che attendere «il deposito delle motivazioni per valutare eventuali ulteriori iniziative, nella convinzione che la protezione della dignità e dell’autodeterminazione delle persone offese debba rimanere al centro del processo penale».
La sera del 24 la ragazza era uscita con alcuni amici a cena in un ristorante di via Zabarella, poi il gruppo si era trasferito in un bar del ghetto. «Ho bevuto tre bicchieri di vino a cena e poi due Negroni», aveva raccontato la 21enne, «Verso le 7. 30 mi sono svegliata e mi sono ritrovata su un materasso, sotto un ponte. Sopra di me c’era un uomo che non avevo mai visto prima».
Stordita e barcollante (come si vedeva anche dalle telecamere) si era rivestita e tornando a casa. Per qualche giorno aveva taciuto poi si era sfogata. L’analisi sul capello aveva confermato l’assunzione di qualche sostanza compatibile con quelle tipologie di stupefacenti note come droga dello stupro. —
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