«Sul suicidio di Zanardi va aperta un’inchiesta»

«Chiediamo ufficialmente che la procura avvii un’indagine per verificare le circostanze che hanno condotto l’imprenditore Giorgio Zanardi al suicidio. La storia debitoria e finanziaria dell’azienda è difficile e particolare allo stesso tempo. Il nostro obiettivo è quello di chiarire, con ogni mezzo possibile, la storia tragica di questo imprenditore, con l’unico fine di tutelare gli interessi della sua azienda e dei suoi lavoratori». A pronunciare queste parole il presidente di Federcontribuenti Italia, Marco Paccagnella, autore di un esposto presentato ai carabinieri sabato a poco più di un mese dal suicidio di Giorgio Zanardi, titolare insieme ai fratelli della storica azienda di via Venezuela, fondata nel 1962, leader nella produzione di libri di lusso, 110 dipendenti ma anche un’esposizione bancaria milionaria.
Il 74enne imprenditore non ce l’ha fatta a vedere morire la sua “creatura” divorata dai debiti dopoché le banche gli avevano revocato tutti i fidi. E si è impiccato in azienda, preoccupato di non essere più in grado di garantire il posto di lavoro ai dipendenti e distrutto dalla prospettiva di non poter coltivare un filo di speranza per salvare la fabbrica. Eppure le commesse non sono mai mancate: negli ultimi anni tante le opere prodotte per un target alto o extralusso come il cofanetto dedicato al cinquantenario di James Bond, tutto fatto a mano in tiratura limitata (15 mila copie) o un altro volume con copertina in oro zecchino. Nonostante il quadro economico disastroso, sostiene Fedecontribuenti nella nota con cui ha annunciato l’esposto, «nel 2009 alcuni passati amministratori dell’azienda avrebbero realizzato un’operazione davvero inspiegabile ovvero la liquidazione delle quote di tre soci per un totale di circa 800 mila euro... L’operazione di liquidazione delle quote, inoltre, non sarebbe avvenuta in un'unica soluzione ma si sarebbe protratta per vari anni, con pagamenti in varie tranche, fino all’anno 2013». Un’operazione definita «in stridente contrasto con ogni regola e principio di buona amministrazione di un’azienda». Già perché alla fine del 2011 i debiti avevano superato i 24 milioni di euro, mentre il 2012 si chiudeva con i debiti per quasi 26 milioni. «Con l’esposto chiediamo di fare luce sulla gestione di alcuni ex amministratori per verificare se abbiano operato con diligenza e secondo i principi di fedeltà nella conduzione aziendale», sottolinea il presidente Paccagnella che, domani nello studio dell’avvocato Fabio Dalle Mura, illustrerà nei dettagli l’iniziativa di Federcontribuenti. L’ultimo sfregio all’azienda si è consumato la notte tra il 2 e il 3 marzo scorsi quando è stata spogliata di bobine e cavi in rame, l'impianto elettrico di 45-50 quintali di cavi di rame che alimentava il reparto produzione ora bloccato.
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