Swallow: «Il mio basso suona il jazz»

PADOVA. Il grande bassista e compositore Steve Swallow con il suo quintetto che comprende l’immensa Carla Bley (organo Hammond) da sempre sua partner musicale oltre che nella vita, sarà protagonista di uno degli appuntamenti più attesi di “Padova Jazz”, venerdì 14 al Teatro Verdi di Padova.
La formazione è composta, inoltre, da Chris Cheek (sax tenore), Steve Cardenas (chitarra) e Jorge Rossy (batteria). Abbiamo intervistato Swallow.
Il concerto sarà basato sull’ultimo album del suo quintetto “Into the Woodwork”?
«Suoneremo alcune delle canzoni del disco ma anche dei brani nuovi, che ho scritto appositamente per il quintetto».
Realizzerà un nuovo disco con questa formazione?
«Dovremmo aspettare sino all’anno prossimo ma credo fermamente che lo faremo».
Lei è stato uno dei primi jazzisti a sostituire il contrabbasso con il basso elettrico, nei primi anni Settanta.
«Come praticamente tutti i bassisti jazz dell’epoca, non nutrivo altro che disprezzo per il basso. Ma poi un giorno alla fiera della musica a Chicago ne toccai uno e mi innamorai. È stato semplice, non sono stato io a sceglierlo, fu lui che scelse me».
Ha sempre suonato un basso a cinque corde o ha iniziato con un classico strumento a quattro corde?
«Ho iniziato a suonare con un basso a quattro corde ma dall’inizio ero interessato a aumentare la mia estensione sonora per raggiungere quella della voce tenorile. Per un breve periodo ho portato due bassi con me, uno accordato una quarta più alta dell’usuale. Poi mi venne in mente di aggiungere semplicemente una corda alta al mio basso a quattro corde e ho suonato con quella configurazione da allora».
Negli ultimi 20 anni, la sua ricerca sonora l’ha portata a ottenere un suono acustico col basso elettrico.
«Ho tentato di catturare un suono acustico su uno strumento elettrico. Penso di aver fatto dei progressi in questo negli anni ma sento di avere ancora del lavoro da fare».
Lei è considerato uno dei migliori bassisti della storia del jazz.
«È difficile essere obbiettivo riguardo al proprio lavoro ma sento di avere ancora molto da fare».
Quali sono i suoi bassisti preferiti?
«Impossibile elencarli tutti. I miei eroi sono soprattutto i grandi contrabbassisti, come Percy Heath, Doug Watkins, Wilbur Ware, Paul Chambers, Sam Jones. Ma l’elenco continua e, soprattutto, cambia quotidianamente».
Lei è considerato un importantissimo compositore, quali i brani di cui va più fiero?
«Comporre per me è un mezzo di apprendimento e comprensione della musica. Sono sempre più orgoglioso dell’ultima canzone che ho scritto, in quanto rappresenta il mio più recente progresso».
Qual è il compositore che l’ha ispirata di più?
«Ammiro soprattutto Carla Bley, che mi ha insegnato la disciplina necessaria a scrivere musica, anno dopo anno».
Lei e Carla Bley rappresentate una delle coppie importanti e longeve della storia del jazz, registrerete un nuovo album in duo?
«Probabilmente no, anche se nulla è del tutto certo. Siamo entrambi interessati in altre formazioni ora. Guardiano con affetto ai giorni in cui suonavamo in duetto e ancora lo facciamo spesso a casa ma penso che probabilmente abbiamo sorpassato la formazione a due».
Lei ha vissuto i più importanti cambiamenti della storia del jazz, cosa pensa dello stato del jazz oggi?
«Credo che il jazz sia ancora estremamente vitale. Sento molti giovani musicisti che ammiro immensamente. Spero solo che continui a esserci un ambiente favorevole per loro. Il pubblico del jazz è sempre stato ristretto ma devoto e credo che continuerà ad essere così».
Steve Swallow Quintet, Teatro Verdi Padova, venerdì 14 novembre. Biglietti interi: da 16 a 25 euro, ridotti: da 13 a 22.
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