Sylvie e la vita, nel segno della passione

VENEZIA. Nel suo sito (www.sylvieguillem.com) c’è un gioco: je n’aime pas, j’aime. Sylvie non ama: gli opportunisti, l’egoismo, il nucleare, gli obblighi, la demagogia, la paura, la delazione, la politica, i sacchi di plastica. Ama: dare piacere, i viaggi, le auto decappottabili inglesi, ridere, la differenza, essere amata, la bellezza, un raggio di sole, le passioni, l’inverno, la primavera, l’autunno, Ingres. Ama la musica e l’elenco dei compositori a lei congeniali è infinito: Stockhausen, Bach, Bartók, Beethoven, fino a Mahler, Ravel, Stravinskij, Wagner e... tutti i compositori.
Ama la cultura giapponese, al punto da averne studiato la lingua. Le piace cucinare e sul web pubblica le sue ricette. Ama la fotografia: suo marito è Gilles Tapie; bellissima, occhi verdi, un viso di luce, gambe lunghissime e un corpo elastico, famosi sono gli autoscatti in cui la ballerina francese si è ritratta nuda, immagini in bianco e nero che hanno fatto il giro del mondo.
È Sylvie Guillem, nata a Parigi 47 anni fa sotto il segno dei Pesci (25 febbraio) il Leone d’oro alla carriera della Biennale Danza: la cerimonia domani alle 17 nella Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, sede della Biennale, presentata da Elisa Guzzo Vaccarino. In passato il Leone d’oro per laa danza è stato assegnato a Merce Cunningham (1995), Carolyn Carlson (2006), Pina Bausch (2007), Jirí Kylián (2008), William Forsythe (2010). La Guillem danzerà al Malibran il 22 giugno alle 20 “Rearray” di William Forsythe su musiche di David Murrow; “Bye” di Mats Ek su Beethoven; il duetto da “27’52” di Jirí Kylián sarà interpretato da Aurélie Cayla e Kernta Kojiri.
«Sylvie Guillem» si legge nella motivazione del Leone d’oro assegnatole dal Festival di danza contemporanea diretto da Ismael Ivo «ha plasmato un repertorio vastissimo unendo sensibilità drammatica, potenza fisica e tecnica estrema. È a partire dalle sue doti naturali che la Guillem ha ridisegnato la figura della ballerina, sfidando le leggi della fisica con estensioni prima inimmaginabili e virtuosismi acrobatici eseguiti con estrema naturalezza».
Musa di Béjart – tra le tante cose interpretò un magnetico Boléro – la Guillem è entrata all’Opéra di Parigi a 12 anni; a 16 anni, nel 1981, è stata ammessa nel corpo di ballo; a 19 anni Nureyev la nomina étoile dopo averla vista nel Lago dei cigni. Nel 1989 lascia Parigi per Londra, entra al Royal Ballet scatenando in Francia persino un’interrogazione parlamentare e ministro della Cultura era allora Jack Lang; mentre in riva al Tamigi l’hanno subito battezzata Mademoiselle Non per il suo carattere peperino.
«Sylvie è la danza» hanno detto di lei. Ma Sylvie ha anche un’altra mission: l’ambiente. È impegnatissima a difendere la natura, appoggia l’associazione “Sea Shephered” per la difesa della fauna marina; è in prima fila contro la caccia alle balene, mangia solo cibi biologici, combatte la vivisezione («orribili gli esperimenti contro esseri indifesi», dice). E vive in Svizzera, in una casa-giardino in alta montagna da dove si muove solo per danzare.
Oggi Biennale Danza porta al Teatro Piccolo Arsenale (ore 20) in prima nazionale La Beauté du Diable di Koffi Kôkô. Danzatore e coreografo beninese, Koffi Kôkô è considerato l’apripista della scena moderna della danza africana in Europa. Lo spettacolo replica domani, sempre alle 20 e sempre al Teatro Piccolo Arsenale.
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