Tanko 2.0, la parola alla difesa: «Non è un’arma da guerra»

Tra i periti anche chi ha curato la demolizione del ponte Morandi di Genova. La questione è decisiva per la discussione finale al processo ai 15 secessionisti
Casale di Scodosia (PD), 02.04.2014 Arresto indipendentisti veneti. Nella foto: il sequestro del tanko nel capannone di via Veneto
Casale di Scodosia (PD), 02.04.2014 Arresto indipendentisti veneti. Nella foto: il sequestro del tanko nel capannone di via Veneto

CASALE DI SCODOSIA.  Il cannoncino installato sul Tanko 2. 0 poteva essere considerato un’arma da guerra?

La domanda resta sempre la stessa e ieri è toccato alla difesa rispondere al quesito. La risposta: no, per i consulenti dei venetisti finiti a processo quel carro armato rudimentale non era assolutamente idoneo ad offendere.

Continua il processo, in Tribunale a Rovigo, ai 15 indipendentisti che hanno partecipato alla costruzione del famigerato Tanko 2. 0, la ruspa blindata trovata e sequestrata nell’aprile 2014 in un capannone della zona industriale alla periferia di Casale di Scodosia.

IL PROCESSO

Con quel mezzo un gruppo di secessionisti, la cosiddetta “Alleanza”, avrebbe dovuto tentare l’assalto a piazza San Marco a Venezia esattamente come i Serenissimi nel 1997.

Per la costruzione di quel blindato, che con un cannoncino avrebbe dovuto anche sparare biglie d’acciaio, sono state rinviate a giudizio quindici persone, tra cui dieci veneti. Tra questi figurano i padovani Flavio Contin, ex artigiano di 76 anni di Casale di Scodosia e uno dei Serenissimi del 1997, il gemello Severino Contin di Urbana e infine Luigi Faccia, 64 anni di Agna.

LA DIFESA

Nel corso del dibattimento è stata disposta una perizia che, secondo gli esperti nominati dal giudice, ha ritenuto che il dispositivo installato sul Tanko 2. 0 sparasse eccome, paragonandolo a un’arma da caccia grossa. In uno speciale test, pur utilizzando munizioni alternative rispetto a quelle previste, il cannoncino aveva incrinato, a una distanza di alcuni metri, del vetro blindato garantito antisfondamento a fronte di calibri come il 7, 62 millimetri.

Gli esperti del giudice, al di là di questo risultato, avevano lasciato aperto l’interrogativo: quel cannoncino poteva essere considerato un’arma da guerra? Del tutto diverso, invece, è stato il tenore della deposizione di ieri dei consulenti della difesa, secondo cui quell’arma artigianale non avrebbe potuto nuocere: non dovrebbe essere considerata neppure, a loro avviso, un’arma. Tra i due consulenti delle difese, peraltro, c’è anche uno degli specialisti che hanno curato la demolizione controllata di quanto restava del ponte Morandi a Genova. Insomma, periti dalla competenza assodata. Or, il processo si avvia verso la discussione, fissata per il 21 febbraio.

ALLEANZA NON EVERSIVA.

Va ricordato come i venetisti a processo siano usciti indenni da un altro filone di indagine: in fase di udienza preliminare, era stato contestato loro di avere posto in essere un’associazione con finalità eversive, per ottenere l’indipendenza del Veneto e della Lombardia orientale. In questo caso, però, era stato disposto il non rinvio a giudizio. ––
 

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