«Tradimento senza precedenti»

L’abbandono della Triplice dopo dieci mesi di neutralità

“Un tradimento di cui la storia non conosce l’esempio”. È un’esplicita accusa di infamia, quella che Francesco Giuseppe rivolge in un proclama affisso in tutte le terre dell’impero all’Italia, per la decisione di Roma di girare le spalle alla Triplice (“dopo un’alleanza di più di trent’anni”). Non è però una sorpresa, quella che matura nel maggio 1915 dopo dieci mesi di neutralità, ma solo l’esito di un lungo braccio di ferro. Già all’indomani dell’attentato di Sarajevo gli italiani hanno segnalato agli Imperi centrali la disponibilità a un ingresso in guerra in cambio di compensi territoriali, invocando l’articolo 7 del trattato. E il 3 dicembre il premier Antonio Salandra ha ribadito la linea del non intervento, ma si è premurato di sottolineare “le giuste aspirazioni dell’Italia”.

Nei giorni successivi parte un confronto riservato con l’Austria-Ungheria, che tuttavia non dà esito, anzi: il 12 febbraio 1915 il ministro degli Esteri Sidney Sonnino dà disposizioni all’ambasciatore a Vienna di notificare che il governo “non può più nutrire alcuna illusione sull’esito pratico delle trattative”. E quattro giorni più tardi dà via libera all’ambasciatore a Londra per aprire all’Intesa.

I negoziati veri e propri hanno inizio il 4 marzo. Gli austriaci reagiscono già l’8, dichiarandosi disponibili a riaprire il tavolo sui compensi territoriali in cambio del mantenimento della neutralità da parte italiana; e il 2 aprile comunicano a Roma di essere pronti a cedere una parte del Trentino, inclusa Trento. La settimana successiva, Sonnino rilancia mandando a Vienna una proposta di accordo in undici punti, chiedendo in più Bolzano e la valle d’Isarco fino a Chiusa, Gorizia e Gradisca, parte della Dalmazia, e invocando per Trieste la creazione di uno Stato autonomo. Il 16 gli austriaci respingono il pacchetto, ribadendo l’offerta iniziale. E a quel punto le trattative si chiudono.

È ormai tutto pronto per la svolta: lunedì 26 aprile a Londra viene sottoscritto il patto che prevede l’ingresso in guerra italiano in cambio di ampi compensi territoriali. Un accordo tenuto accuratamente segreto: ne sono a conoscenza solo il premier Salandra e il ministro degli Esteri Sonnino. Non lo sanno gli altri membri del governo, né il Parlamento, e neppure i comandi militari. E così, lunedì 24 maggio va in scena quello che Vienna, ironicamente, definirà “un giro di valzer”.

Che costerà all’Italia oltre un milione di morti. (f.j.)

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