«Tragico aborto, fu colpa del medico»

PIOVE DI SACCO. Sei mesi di reclusione con la sospensione condizionale. È la pena chiesta dal pubblico ministero Sergio Dini per il ginecologo Maurizio Matarese, 56 anni, di Piove di Sacco (difensori i legali Lorenzo Locatelli e Barbara Bisinella). Lo stesso magistrato ha sollecitato l’assoluzione per «mancanza di elementi probatori» per l'infermiere addetto al triage Roberto Lando, 60 anni di Vigonovo, «ha assegnato un codice verde alla paziente, ma in quel momento non era incongruente» e per il dottore del pronto soccorso Fabio Casagrande, 47 anni di Vicenza, «non prese in mano la situazione per valutarla bene».
Sono tutti a processo per aborto colposo nei confronti della giovane mamma veneziana C.N., di Campagna Lupia, che la notte del 3 settembre 2010 perse il bimbo che portava in grembo. Poche ore prima le era stato negato il ricovero nell'ospedale piovese: quella stessa notte fu operata d'urgenza nell'Azienda ospedaliera di Padova, dove era stata accompagnata dal marito, rischiando di morire. Ma venne salvata grazie a un intervento urgente eseguito dal direttore della Clinica ginecologica Giovanni Nardelli e dall'aiuto Roberto Laganara, anche se porterà per sempre i segni di quell'esperienza sul piano fisico (non potrà più aver figli e ha avuto problemi neurologici) e sul piano psicologico. «Quando la paziente è arrivata all’ospedale di Piove lamentando quei dolori i casi che si dovevano prospettare al dottor Matarese erano tre» ha argomentato il pm Dini in aula «Patologie non ostetriche, minaccia di parto prematuro e distacco della placenta.
Quando ha escluso le prime due e gli restava da valutare la terza, doveva accertarla solo tramite un esame cardiotocografico, ossia un monitoraggio fetale per valutare la salute del nascituro. Ma per negligenza non è stato fatto. Il distacco placentare venne diagnosticato un’ora dopo all’ospedale di Padova, dove la paziente doveva essere accompagnata con un trasporto assistito in una ambulanza e non lasciata andare con i mezzi propri».
Due anni fa l’Usl 16 (ente dal quale dipende il complesso ospedaliero piovese), attraverso la compagnia assicuratrice londinese dei Lloyd's, ha versato alla coppia un risarcimento di oltre 600 mila euro in base a un accordo sottoscritto nel massimo riserbo con l'obbligo di uscire di scena dal procedimento penale. La coppia, infatti, ha revocato la costituzione di parte civile e la querela, mentre il caso era già di fronte al gup Lara Fortuna, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio.
È caduta così la contestazione delle lesioni colpose (che scatta solo su querela di parte) ed è rimasta in piedi l'ipotesi di reato di aborto colposo, procedibile d'ufficio che riguarda appunto le richieste di ieri. La sentenza sarà pronunciata dal giudice Tecla Cesaro il 12 maggio alle 12.30 dopo le arringhe dei legali Lorenzo Locatelli e Barbara Bisinella.
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