I docenti padovani: «Vivere a Padova è troppo costoso». Boom di richieste trasferimento

In Veneto presentate oltre seimila domande, i dati padovani in controtendenza rispetto alla regione. Il sindacato Uil: «Accolte in percentuale bassa, noi contrari all’obbligo di restare per almeno tre anni»

Felice Paduano
«Vivere a Padova è troppo costoso»
«Vivere a Padova è troppo costoso»

In tutto il Veneto sono state presentate, nei termini previsti dalle normative vigenti introdotte dal Ministero dell’ Istruzione e del Merito, 6.022 domande di trasferimento da parte dei docenti.

Ieri, con una nota inviata ai media dall’Ufficio Scolastico Regionale, guidato da Marco Bussetti, è stato ufficializzato che ne sono state accolte 3595, pari al 59%.

Nel mucchio ci sono sia i docenti che hanno chiesto ed ottenuto di andare ad insegnare, dal prossimo settembre più vicino a casa o all’interno del Veneto e sia gli insegnanti, spesso con famiglie, che hanno deciso di tornare a lavorare nelle regioni di provenienza, in particolare in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

I dati relativi a Padova sono un po' in controtendenza rispetto al Veneto. Le domande presentate sono state 1005. Ne sono state accolte 679, pari al 67%, molte di più rispetto alla media regionale. Nel 67% sono comprese anche le richieste che riguardano il passaggio da una cattedra all’altra ed anche il passaggio di ruolo. Se si escludono queste ultime domande, i trasferimenti accettati scendono a 597. Una tabella specifica comprende anche i trasferimenti ottenuti in base al tipo di scuola in cui s’insegna. Scuola dell’Infanzia (3-5 anni): domande accolte 37. Primaria: 201. Media: 163. Superiori 278.

Di tutti i trasferimenti accolti, 590 domande hanno a che fare con docenti che hanno ottenuto di lavorare all’interno del Veneto, mentre 89 andranno in altre regioni.

Altro dato importante, è che sono tanti i docenti in uscita. Ossia che vanno ad insegnare fuori regione (554); gli insegnanti ad avere fatto ed ottenuto domanda per lavorare nel Veneto sono solo 155. Diverse le interpretazioni dei dati da parte del Direttore Regionale delle Scuole e quelle dei sindacati.

«In base alle nuove regole introdotte mesi fa a livello ministeriale, siamo davanti ad un evidente aumento delle domande di mobiltà, ma si nota che la crescita rientra nella normalità rispetto agli anni passati. Non sarebbe giusto parlare ancora di fuga dal Veneto».

Immediata la risposta della Uil, sia dai vertici padovani che da quelli regionali. «Proprio la bassa percentuale delle domande di trasferimento accolte testimonia che sono ancora troppi i lacci ed i lacciuoli che obbligano i docenti a restare ad insegnare nelle scuole padovane, dove gli affitti sono alle stelle ed il costo della vita è superiore del 30% rispetto alle regioni del sud», dicono Pino Morgante e Loris Bortolazzi. «Ancora oggi, con il Governo Meloni, i docenti hanno l’obbligo di restare ad insegnare minimo per i primi tre anni di ruolo. Con il Governo Renzi erano addirittura cinque. Anche per questa ragione la Uil non ha firmato il rinnovo del contratto nazionale relativo al 2019-2021».

«Siamo consapevoli del legittimo desiderio di tornare a casa per ridurre i costi legati al mantenimento di una doppia residenza e per offrire il sostegno ai propri cari, spesso anziani e tutelati dalla 104» dice Nicola Adesso, della Flc-Cgil «La continuità didattica si assicura solo con un vero piano di stabilizzazione che metta a ruolo tutti i posti disponibili». 

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