Tredicenne vendeva i suoi porno selfie

Scoperta dai genitori, la giovane guadagnava 2.500 euro al mese. Gli abusi sul web, la storia della studentessa emarginata
Due ragazze si scambiano messaggi sugli iPhone prima di entrare a scuola.ANSA/FRANCO SILVI
Due ragazze si scambiano messaggi sugli iPhone prima di entrare a scuola.ANSA/FRANCO SILVI
A 13 anni fatturava 2.500 euro al mese con le foto pornografiche messe a disposizione degli amanti del genere. Quando la mamma le chiedeva da dove veniva la borsetta nuova di zecca, la risposta era sempre diversa. «Me l’ha prestata la mamma di un’amica». «Me l’ha regalata un’altra amica». La verità era ben diversa perché questa ragazzina in età da scuola media guadagnava più di suo padre. È l’indagine su cui stanno indagando i carabinieri. Una brutta storia che giunge da questo nuovo mondo tutto tranne che virtuale. È l’universo di internet e dei social, oggi più che mai la piazza dove si possono decidere i destini delle persone. Dai potenti di turno agli adolescenti. È proprio su quest’ultima categoria che si sono concentrati i militari dell’Arma in collaborazione con il Lion’s Club San Pelagio. Sono stati coinvolti 1.500 alunni di 13 scuole della provincia di Padova. Lo spaccato emerso è desolante.


Foto porno a pagamento


Certo i genitori non potevano immaginare che dietro la porta della cameretta si aprisse ogni notte un simile set fotografico. È iniziato tutto quasi per gioco ma più passavano i giorni, più la ragazzina vedeva che le sue foto hard venivano scaricate dagli utenti di un portale a luci rosse. A ogni scaricamento corrispondeva una percentuale in denaro. E così la tredicenne ha aperto un conto Postepay, dove confluivano tutti gli introiti. Il campanello d’allarme è stato il rendimento scolastico, quasi inversamente proporzionale ai guadagni in continuo aumento. Ora la giovane ha 16 anni. Mamma e papà, con l’aiuto degli psicologi, hanno avviato un percorso terapeutico.


L’inferno in classe


Ma lo studio avviato dai Lions in collaborazione con i carabinieri del comando provinciale di Padova ha messo in evidenza anche un’altra storia di emarginazione e sofferenza. C’è una ragazzina che fin dalla scuola elementare viene perseguitata dai compagni. Timida, introversa, risultati brillanti a scuola. Questo l’identikit della giovane finita nel mirino dei coetanei. Dai banchi di scuola, al telefono cellulare, per poi tornare sui banchi di scuola. Un inferno dalle elementari alle medie che funzionava più o meno così. C’era un gruppo di Whatsapp della classe e lei veniva esclusa. Tutti i compagni risultavano “online”, lei provava a interpellarli ma loro non rispondevano. C’è anche di peggio. Perché c’era anche un gruppo nato appositamente per deriderla. E ciò che li faceva ridere il giorno prima veniva riproposto in classe il giorno successivo. Sono arrivati a obbligarla a tenere un post-it dietro la schiena, con il cognome storpiato in modo da farlo sembrare il nome di una malattia. Nessuno la difendeva, nemmeno i professori. Complici silenziosi di un dileggio ben oltre il limite di tolleranza. I genitori hanno avuto il coraggio di avvicinarsi ai relatori del progetto contro il cyberbullismo proprio mentre uno degli incontri. Sono stati subito interpellati i docenti, a cui è stato chiesto di prendere subito posizione nei confronti dei violenti. Poi è stata trasferita in un’altra scuola. Ora frequenta le superiori. Le persecuzioni subite non si cancellano ma anche in questo caso è stato attivato un percorso per cercare di rimarginare le ferite che fanno più male. Quelle alla sua autostima.


e.ferro@mattinopadova.it


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