Trevigiano ritrova le radici in Crimea

MONTEBELLUNA. La memoria che riaffiora, assieme alla verità storica fino a ieri ignorata (o colpevolmente dimenticata). E grazie a questo si riannodano legami familiari atavici. Legami ritrovati quando ormai sembravano smarriti nel mare magnum della lontananza, temporale e fisica, dai luoghi d’origine. In questo caso la Crimea, regione oggi ucraina ma dove la popolazione parla da sempre il russo.
A Pietro Maffione, sessantenne di Montebelluna, titolare del centralissimo Caffè Club di via Manzoni, sono venuti i brividi quando nei giorni scorsi ha letto sulla Tribuna che a Venezia c’è una mostra sul genocidio dimenticato degli italiani di Crimea. Lunedì ha approfittato del turno di chiusura del bar e si è recato pieno di trepidazione a Venezia con la moglie Lorella per visitare la mostra ospitata nella Biblioteca di Ca’Foscari Zattere, organizzata dallo stesso istituto universitario e dall’associazione culturale Cerkio di Ker› e per vedere da vicino quei pannelli. Dove c’erano frammenti delle sue radici, i volti dei suoi antenati. «La prova documentale degli archivi ucraini non c’è» dice Pietro Maffione, sbandierando un certificato di nascita del 1900 «ma io ho la prova che mio padre Francesco è nato Ker› ne e che suo padre Pietro aveva un bastimento, proprio come i Maffione raffigurati nelle foto d’epoca esposte in mostra. Pietro morì di vaiolo e fu allora che il resto della famiglia rientrò in Italia».
Stefano Mensurati, vice direttore di Rai Radio Uno, curatore della mostra, conferma che l’ipotesi è tutt’altro che campata per aria. «Quella dei Maffione è una delle storie familiari più documentate della mostra. Marta Maria Maffione era figlia di Marta Capuleti, donna della buona borghesia di Ker›, di origine veneta. Anche il marito di Marta Maria, Mauro Dell’Olio, gestiva un’impresa di trasporti marittimi che si occupava del trasporto di grano e olive fra la Puglia e Ker›. Potrebbe essere il fratello di Pietro, stiamo facendo ulteriori ricerche a Bisceglie».
Pietro Maffione è emozionatissimo per la scoperta fatta alla mostra (che chiuderà i battenti domenica, ma che poi farà tappa in varie altre città italiane e in Crimea) e sogna di recarsi un giorno a Ker›. Suo nonno rientrò in Italia prima della Rivoluzione d’Ottobre, pare nel 1915, e non conobbe le purghe staliniane. Fu accudito dalla famiglia Porcelli a Montebelluna (altro nucleo pugliese presente a Ker›) che gestiva un bàcaro in centro.Risale al 1916 una cartolina inviatagli a Montebelluna da una ragazza di Pisa.Ma si sposò solo nel 1942. «In famiglia si è parlato tanto della Crimea, lo si faceva quando si andava a trovare lo zio Carlo a Torino. La zia Marta, invece, se ne tornò a Bisceglie. Un altro Maffione so che vive a Treviso, non so se alla lunga siamo parenti. Mio padre Francesco morì nel 1961 a 61 anni».
Di Marta Maria Maffione, la figlia di Marta Capuleti, a Ker› vive ancora un discendente, si chiama Alessio e ha 40 anni. Con l’associazione Cerkio, guidata da Giulia Giacchetti Boico, è impegnato in richerche storiche. Vuole riportare alla luce le proprie radici e l’odissea della propria famiglia. Alessio sta imparando l’italiano e il suo obiettivo è trovare le prove che gli permettano di ottenere la cittadinanza italiana tanto agognata. E con essa l’identità nazionale che i sovietici avevano tentato di cancellare, bruciando gli archivi della comunità italiana di Crimea all’indomani dell’invasione della Russia da parte di Mussolini. Disperdendo poi, in tre ondate di deportazioni, gli oltre duemila italiani nei gulag staliniani del Kazakhstan. da cui solo poche centinaia riuscirono a tornare. Non a caso il papà di Alessio era stato battezzato col nome di Vladimir. Durante la cupa èra sovietica era stato messo al bando tutto ciò che era italiano. E i nostri connazionali per non essere tacciati da traditori dovettero dimenticare la nostra lingua e russificare i propri nomi. Perdendo ogni legame affettivo con la patria. Quello che oggi i loro figli e nipoti vorrebbero riannodare.
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