Tributo nel segno di Ambrosoli all’imprenditore Bastianello

La battaglia solitaria e vittoriosa del padovano, escluso da un appalto truccato «Ha denunciato l’illegalità sfidando le denunce e l’estromissione dal mercato»



Un imprenditore padovano al premio Ambrosoli, l’integerrimo avvocato milanese ucciso nel 1979 da un killer di Cosa Nostra arrivato dagli Stati Uniti, che prima di sparargli gli disse: «Mi scusi, signor Ambrosoli». Il killer si chiamava William Joseph Aricò, lo mandava Michele Sindona per evitare la chiusura della Banca Privata di cui Ambrosoli era commissario. Molti anni dopo, nel 2010, Giulio Andreotti ebbe a commentare in tv: «Ambrosoli era una persona che se l’andava cercando». Una frase che lascia ancora oggi raggelati. Giorgio Ambrosoli, che per la repubblica lavorava, resistendo alle pressioni e alle minacce, fu definito “Un eroe borghese” da Corrado Stajano, in un libro ancora attuale, che consigliamo. Non c’è un libro invece per la storia di Giuliano Bastianello, l’imprenditore padovano insignito di una menzione d’onore martedì a Milano, nella sesta edizione del premio istituito per valorizzare l’integrità, la responsabilità e la professionalità.



Cioè le doti grazie alle quali Ambrosoli fu pagato con tre colpi di pistola, in un Paese che ne porta ancora la vergogna. Bastianello ovviamente non è morto (farà le corna) ma quello che ha passato avrebbe steso un bue. A suo modo è un eroe della resistenza civile: 9 processi e 16 anni per risalire la china di condanne immeritate e ribaltare l’ingiusta esclusione da un appalto di 416. 000 euro, bandito nel 2000 dal Comune di Spinea per lavori di rifacimento della biblioteca. Partecipava con la ditta Elvis in associazione d’impresa con un’azienda di Trento. La gara fu vinta dalla Harmonie Project di Bolzano, titolare Harald Innerhofer, che aveva una quinta colonna nell’amministrazione comunale. Era l’ex bibliotecaria Antonella Agnoli che aveva organizzato la gara e teneva bordone. Vinsero falsificando una bolla di consegna, aggiustando i documenti.



Bastianello lo scopre con un faticosissimo accesso agli atti (per via della trasparenza della pubblica amministrazione) e il Tar gli dà ragione. Nel 2003 il Consiglio di Stato conferma. Sembra fatta, invece la procura di Venezia perde le carte, anzi per la precisione perde i capi di imputazione, cosa che ha la frequenza di una mosca bianca. Riesce anche a imboscare due rapporti della guardia di Finanza che gli davano ragione. Bastianello lo scopre sempre intestardendosi a chiedere l’accesso agli atti e facendo imbestialire magistrati del calibro di Carlo Nordio (“quando quidem dormitat Homerus”). Ma intanto da persona offesa si è trasformato in diffamatore, il lavoro alla biblioteca va avanti con la Harmonie, lui gira l’Italia inseguito da querele e a sua vola inseguendo Innerhofer e la Agnoli: Novi Ligure, Empoli, Pesaro, Firenze, Padova.



Notti insonni, citazioni per danni milionari, i suoi avvocati che gli consigliano di desistere. Il buon senso avrebbe detto altrettanto: ti verrà una malattia se insisti. Lui no, testardo come un mulo. «Furto aggravato di legalità», lo definiva. E avanti a testa bassa, in una battaglia solitaria. Finché nel 2016 la Cassazione ribalta i verdetti e rimette le cose a posto: Bastianello non si è inventato nulla. «Ha denunciato diversi appalti truccati», si legge nella motivazione del premio Ambrosoli, «attirandosi le querele per diffamazione e calunnia mosse da persone da lui indicate come responsabili. Estromesso dal suo mercato, ha ripreso l’insegnamento di storia dell’arte portando nelle scuole le sue esperienze professionali e di condotta etica». —



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