Tutti a scuola con la gonna e con lo smalto

PADOVA. L’otto marzo arriva ed entra nelle scuole padovane, non con le mimose ma con il dissenso e lo spirito rivoluzionario degli studenti. Molte ragazze e auspicabilmente – per gli scopi dell’iniziativa – anche molti ragazzi della città martedì andranno a scuola in una mise “non convenzionale”, cioè indossando gonne e top corti o con gli smalti sulle unghie.
LE ADESIONI
Tutto parte da un’iniziativa del collettivo studentesco del Marchesi, ma la protesta coinvolgerà sicuramente anche il Modigliani e il Tito Livio, e forse anche studenti di altre scuole che potrebbero aderire nei prossimi giorni, rispondendo all’appello delle associazioni studentesche. L’obiettivo è onorare la Giornata internazionale delle donne con una protesta che rivendichi il diritto al rispetto, a prescindere dall’abbigliamento, e che scardini quell’impostazione culturale che colpevolizza chi subisce molestie o violenza.
UN’ALTRA NARRAZIONE
«Ci teniamo a fare qualcosa di simbolico per l’8 marzo, dopo che lo scorso anno la giornata è passata in sordina», spiega Anna Ghedina, studentessa del Marchesi e membro del collettivo. «Quando si va sull’argomento poi, si finisce a parlare di feste, fiori e canzoni. Questa narrazione ci ha scocciato».
La protesta arriva, e trae origine, da alcuni fatti di cronaca che hanno visto studenti in diverse città d’Italia denunciare atteggiamenti sessisti di alcuni insegnanti. Lo scorso novembre al liceo Marco Polo di Venezia una docente aveva sconsigliato alle studentesse di indossare i top durante le ore di educazione fisica, «per non distrarre i compagni maschi», e le ragazze avevano reagito con una manifestazione al grido di «cambiate mentalità, non i nostri vestiti».
Al liceo Righi di Roma, poche settimane fa, una ragazza era stata redarguita per il suo abbigliamento da una professoressa che l’aveva paragonata, sostanzialmente, a una prostituta («Dove stai, sulla Salaria? »). Sempre lo scorso mese al Valentini-Majorana di Cosenza gli studenti hanno occupato la scuola dopo le denunce da parte di diverse studentesse di molestie e abusi subiti da alcuni professori.
«CHIEDIAMO RISPETTO»
«Persino in quest’ultimo grave caso è passato il messaggio che se una ragazza va a scuola vestita in un certo modo se la cerca», prosegue Ghedina. «Questi fatti ci hanno scosso, io ho anche conosciuto personalmente le ragazze del Majorana.
Andare a scuola in gonna può essere banale ma è il primo passo per cambiare un’idea diffusa di cosa sia il rispetto: per noi non ha nulla a che vedere con i vestiti, ma con come ci si comporta. Non è rispettoso, per esempio, insultarci o fischiarci nei corridoi. Crediamo ci sia bisogno di parlare di educazione sessuale e di educazione al consenso nelle scuole. Come collettivo spingiamo perché ci siano momenti di discussione su questi temi».
IN GONNA O CON LO SMALTO
L’auspicio è quello di coinvolgere anche tanti ragazzi: «Al Marchesi sono pochi, ma abbiamo ricevuto feedback positivi», dice Ghedina. «E se non è una gonna può essere lo smalto. Il vestiario non ha genere, una gonna non è necessariamente femminile».
Anche la Rete degli studenti medi rilancerà l’iniziativa con un appello rivolto a studenti e studentesse di tutte le scuole della città. «La gonna rivendica una vera libertà di corpi, perché li svincola dai pregiudizi e dagli stereotipi a cui sono soggetti», spiega la coordinatrice padovana Irene Bresciani. «Mostrare delle gambe, delle spalle, in generale la pelle in luogo pubblico deve finire di essere visto come una provocazione». —
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