Ucciso dal tumore ex ufficiale del Venda «Vogliamo la verità»

È morto il 2 novembre nell’hospice della Mandria, ucciso in pochi mesi da un glioblastoma, un tumore maligno al cervello. Ernesto Rucli, 78 anni, residente nel quartiere di Madonna Pellegrina, era un ufficiale dell’Aeronautica militare in pensione e aveva lavorato al 1° Roc (l'ex base Nato allestita nel "ventre" del Monte Venda a Teolo) per 21 anni, dal 1958 al 1972 e poi dal 1988 al 1995. Base al centro dell’inchiesta della procura padovana per la morte di militari, per lo più uccisi da tumori polmonari, mentre altri sono ammalati. Anche il suo nome è destinato ad allungare la lista delle vittime che lavorarono al Venda?
Sotto accusa l’esposizione al radon, mortale per otto militari su 25 deceduti secondo quanto emerso dalla perizia firmata da Morando Soffritti direttore dell'Istituto Ramazzini di Bologna; dal collega Francesco Forastiere, del Dipartimento di epidemiologia del Lazio; e da Francesco Bochicchio, dell'Istituto superiore di sanità, esperti incaricati dal gip Mariella Fino di verificare un rapporto di causa-effetto tra l’esposizione al gas e i decessi o le malattie. «Mio padre aveva seguito l’andamento dell’inchiesta sulla stampa e non era mai mancato al funerale di tanti colleghi morti di tumore» racconta uno dei figli, Alberto Rucli. Il padre Ernesto, friulano d’origine, volontario al Ceav che offre assistenza ai malati di cancro, non fumava e non beveva. Nella sua vita solo il lavoro, l’amore per i figli e la moglie. Nel 2001 aveva superato un tumore alla prostata diagnosticato durante un esame di prevenzione. Nel dicembre 2012 la scoperta di linfoadenopatie (ispessimento polmonare) curate con antibiotici. Ma tra febbraio e marzo 2014 i riflessi rallentano e la memoria sembra scappare via. Il 29 maggio scorso gli esami svelano che una massa preme sull’emisfero destro del cervello: «I medici ci hanno subito detto la verità e siamo loro grati per questo. Andava operato per evitare il peggio... Ora no so cosa faremo. Certo vogliamo avere delle risposte». C’è un “tarlo” che Alberto ha in testa: era davvero a rischio lavorare al Venda? «Sono andato a vedere la base» spiega, «Perché due chilometri prima dell’ingresso i cartelli avvertono “divieto di accesso, reato penale”? In fondo è un pezzo di storia: se non fosse pericolosa, la base potrebbe ospitare visite guidate anche per le scuole... O c’è qualcosa? Vogliamo vederci chiaro. Papà non c’è più, ma chi è vivo e ha lavorato al Venda deve sapere se la sua salute è in pericolo». (cri.gen.)
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