Un paio di scarpe da uomo, sì. Ma dopo averne seguito passo passo la lavorazione, definirle ...

Un paio di scarpe da uomo, sì. Ma dopo averne seguito passo passo la lavorazione, definirle solo così è riduttivo. Un trionfo dell'abilità artigianale? Già meglio, ma non basta. Un virtuosismo d'autore? Un'opera d'arte contemporanea? Eccola la definizione giusta: ottenuta con un mix ogni volta non ripetibile di competenze secolari ed innovazioni che sono già futuro. «Made to order»: partirà a settembre dal negozio di Milano in Montenapoleone, 2 il nuovo servizio offerto da Louis Vuitton di scarpe maschili su misura. In un angolo dedicato ed immaginato come l'interno d'uno dei bauli da viaggio della griffe con tanti cassetti colmi di mistero, il cliente che potrà fare un acquisto così impegnativo disporrà d'una serie di pellami, modelli, suolature, calzate, cuciture, personalizzazioni, che messi assieme gli restituiranno, al termine di dodici settimane rituali d'attesa, un paio di calzature «superbes». Come dicono i francesi per definire il massimo dell'esclusivo e del bello. Già pronte a livello virtuale su Ipad alla conclusione delle scelte in negozio e dopo le eventuali modifiche personalizzate. Il Prezzo? Top secret e variabile. Ma se quelle di serie costano da 800 euro in su, bisognerà moltiplicare. Per due? Per tre? A Fiesso D'Artico sulla Riviera del Brenta l'Atelier Vuitton - anche in questo caso sarebbe limitativo definire fabbrica un luogo che trasmette cultura e creatività - è pronto ad ospitare il servizio nel reparto «uomo elegante»: uno dei quattro savoir-faire calzaturieri, che dal 2009 sono stati qui inaugurati dalla griffe francese accanto a «donna elegante», «mocassino» e «sneaker». Cecilia Puliga, Roberta Rossi ed il direttore industriale Patrice Gueillemin, che dopo 15 anni qui ancora parla l'italiano con il "je ne sais pas quoi" d'Oltralpe, accolgono con sapienza gli ospiti. Perché in questo enorme spazio tutto si tiene assieme: ufficio stile, produzione, galleria d'arte e centro di formazione: 300 persone in tutto, 350 entro fine anno. «Il montaggio delle scarpe - spiega Gueillemin - avviene in parte qui dentro ed in parte è affidato a partner esterni, dalla Toscana a Napoli. Ma controlliamo in prima persona l'etica e la sicurezza del lavoro esterno, perché solo lavorando con gli stessi valori possiamo trasmettere qualità e competenza». Vogliamo seguire assieme l'iter di fabbricazione d'un paio di scarpe maschili «made to order»? Il responsabile della divisione è Massimo Carta, parmense, uno dei primi ad entrare alla Vuitton di Fiesso: «Siamo andati casa per casa, in giro per l'Italia, a cercarci i migliori artigiani del settore; gente con un Dna di bravura e passione, trasmesse da generazioni. Parlo di gente di 70 anni ed oltre, che se non riuscirà a consegnare il proprio savoir faire ai giovani, rischierà entro 5 anni di vederlo scomparire per sempre. I nostri artigiani ed operai specializzati hanno il gusto del fare, amano la scarpa con tutti i sensi, col tatto, la vista, l'olfatto... la scarpa è calda, ha un suo odore, va coccolata... sinchè il confine tra impegno artigianale ed opera d'arte sfuma». Dei materiali e della filiera è responsabile Mario Martello, che carezza pelli di vitello e struzzo, di coccodrillo e pitone come fossero l'epidermide della donna amata: «Li scelgo da selezionate concerie italiane e francesi, per un paio di scarpe occorrono due pelli di coccodrillo e bisogna trovare quelle tra loro più simili... dentro mettiamo le iniziali e sul tacco, discreto, il logo della griffe». Curvo sul suo desco da ciabattino d'élite, Roberto Bottoni da Occhiobello usa il filo di lino per fare la cucitura "norvegese" come un liutaio tratta le corde d'un Paganini: «Quattro camicie ho sudato, per convincere mio padre a fare il suo mestiere e non il ragioniere, come voleva lui. A scuola ero bravo, ma in un ufficio non sarei mai potuto stare». I suoi punti son ricami da tovaglia di lino per l'altare e il grande spazio in legno ed acciaio è il luogo dove si celebra il rito di nascita della scarpa. Paola Gavagna, ferrarese, fata della lucidatura, a fine lavorazione imprime l'anima all'oggetto. «Lei - spiega Carta - è il pittore che in alcuni giorni e con infiniti passaggi, arriva a dare all'oggetto il colore stabilito. L'ho corteggiata mesi per averla».
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