Veggiano sul confine bagnato di sangue dove si scontrano le potenze medievali

Il nome è legato alle origini rurali del piccolo nucleo abitato Ogni campanile era sottoposto a una diversa autorità
BELLUCO-FOTOPIRAN-VEGGIANO-CHIESA SANT'ANDREA
BELLUCO-FOTOPIRAN-VEGGIANO-CHIESA SANT'ANDREA

francesco jori

È un’immagine che sintetizza tutta una storia: talmente densa e cruenta, da essere stata scelta come prima delle quattro immagini che figurano nello stemma ufficiale del paese, due spade incrociate. Sono l’emblema dei contrapposti eserciti di Padova e Vicenza, due medie potenze dell’inizio del secondo millennio, che per un paio di secoli almeno se le suonano di santa ragione; e a pagarne le spese più di ogni altro sono le popolazioni delle località che hanno la sventura di vivere al confine tra i due contendenti. Veggiano è proprio nel punto caldo di questa contrapposizione, e tra il XII e il XIV secolo sconta pesantemente sulla propria pelle questa collocazione strategica.

Il paese ha alle spalle una matrice più antica e pacifica, trovandosi tra l’altro sul percorso di due fiumi rilevanti come il Bacchiglione e il Tergola: entrambi con regime idraulico bizzoso, a dire il vero, ma comunque con caratteristiche tali da favorire l’insediamento di piccole comunità già da epoche remote. Per trovarne una prima traccia ufficiale, tuttavia, è necessario attendere fino al 983, quando in un documento della diocesi vicentina si fa riferimento a una località denominata “Villano” (da “villa”, termine che sta a indicare l’esistenza di un piccolo centro abitato), dove si trova un casale che il vescovo berico di allora, Rodolfo, regala a un monastero vicentino intitolato ai santi Vito e Modesto. Vent’anni dopo esatti, il suo successore Girolamo conferma quell’atto anzi ci aggiunge dell’altro; e passati altri dieci anni, tocca al vescovo Astolfo metterci in più dei terreni. Va ricordato che siamo in un’epoca nella quale sono già avviate da tempo vaste azioni di bonifica per recuperare aree coltivabili, e che quindi quelle donazioni significano garantire al beneficiario una rendita sicura.

attriti fra diocesi

Ma già da questi primi scenari comincia ad affiorare il vantaggio e insieme il rischio di essere zona di frontiera perfino tra le anime, oltre che tra i corpi. Nel 1183 si muove la diocesi di Padova, che forse vuole piantare dei paletti sulla ripartizione delle reciproche zone di influenza con la sponda vicentina: il 27 agosto, il vescovo patavino Gerardo assegna al priore dei canonici di Santa Croce di Cervarese (che sta giusto dalla parte opposta del Bacchiglione) la chiesa di Sant’Andrea sempre in località Villano, premurandosi peraltro di fare salvi i diritti rivendicati dalla pieve vicentina di Montegalda, che sorge a pochi chilometri di distanza, sempre di là del fiume. Per completare il complesso quadro del campanilismo dell’epoca (in senso letterale), va aggiunto che la chiesa dell’odierna frazione di Santa Maria fa capo originariamente a Cervarese; ed è solo il 23 maggio 1349 che se ne stacca, conquistando una propria autonomia. Non dev’essere comunque facile destreggiarsi, in quel conflitto religioso di interessi; così alla fine la comunità locale, saggiamente, decide di appoggiarsi all’influente pieve di Montegalda, lasciando le due diocesi a vedersela tra loro per le formalità.

guerre fra le cittÀ

Molto più cruente sono le dispute laiche che si giocano anche e soprattutto fisicamente sul terreno di Veggiano, più o meno nello stesso periodo. Siamo in una fase in cui le varie Padova, Vicenza, Verona, Mantova, Treviso si contendono la supremazia in terraferma, mentre per il momento Venezia preferisce concentrarsi sulla sua politica mediterranea e sul controllo delle vie commerciali; sullo sfondo, la guerra tra i guelfi fedeli al papa e i ghibellini schierati con l’imperatore. —

(91, continua)



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova