Velisti uccisi in Dalmazia «Ancora senza giustizia»
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Cinque anni e mezzo di attesa per non aver giustizia. Nemmeno una briciola. Dopo la condanna beffa, domani arriva il processo d’appello che rischia di essere un’ulteriore presa in giro per i figli di Francesco Salpietro e Nelly Patella, la coppia padovana (imprenditore lui, medico dell’Usl 16 lei) travolta e uccisa, mentre navigava a bordo della propria barca a vela “Santa Pazienza”, dal motoscafo Itama guidato a ben 26 nodi di velocità dal tycoon croato Tomislav Horvatincic. Era il 16 agosto 2011 e il tragico scontro si verificò al largo delle acque di Primosten (Capocesto), vicino alle isole Maslinovik in Dalmazia .
La sentenza beffa. Il 18 novembre 2015 l’imprenditore fu condannato un anno e 8 mesi di carcere, con la sospensione condizionale per il reato di omicidio colposo riqualificato nella forma più lieve rispetto a quello contestato dal pubblico ministero Irena Seneci, quest'ultimo punibile fino a 10 anni di carcere. Dimenticato per strada il reato di omissione di soccorso, per il quale Horvatincic era pure stato spedito in un’aula di giustizia. Di più. Il tribunale (il giudice monocratico Maja Supe) bocciò anche la richiesta di revocare all’imprenditore sia la patente nautica che quella automobilistica.
Un nuovo processo. Sentenza scandalosa anche per il pm Seneci che ha impugnato la sentenza di primo grado («Sono molto delusa dalla riqualificazione del crimine e dal fatto che all'imputato è stata inflitta la condanna minima» aveva dichiarato a processo appena concluso). L’11 novembre scorso la Corte d’appello di Zadar (Zara) annulla la pronuncia di primo grado, con rinvio al tribunale di Sibenik (Sebenico). Che cosa significa? Si rifarà il processo (prima udienza domani alle 10), tenendo conto delle osservazioni dei giudici d’appello. Giudici che, senza entrare nel merito nella vicenda, hanno solo chiesto di approfondire l’accertamento e la motivazione sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento dell’incidente. Durante il processo in primo grado Horvatincic, senza fornire prove e contraddicendo precedenti dichiarazioni sue e della compagna, aveva affermato di essere stato colpito all’improvviso da un malore. Altra sorpresa alla vigilia dell’appello: il fascicolo sarebbe stato assegnato sempre allo stesso giudice di primo grado, Maja Supe.
Il dolore dei figli. «Sentiamo di dover smentire con fermezza, per dovere di verità, le dichiarazioni dell'imputato nel processo sulla morte dei nostri genitori Franco e Nelly Salpietro. Non abbiamo mai ricevuto né direttamente né tramite i nostri legali, offerte di risarcimento da parte dell'imputato, dei suoi avvocati o dell'assicurazione. Al contrario, da parte della società di cui è amministratore delegato l'imputato, è stata addirittura promossa una causa civile contro di noi per chiedere un risarcimento superiore ai 230.000 euro per i danni che sarebbero stati subiti dal motoscafo che ha ucciso i nostri genitori» spiegano i figli delle vittime, Gaia e Federico Salpietro, «Non riteniamo che questo sia un gesto di aiuto, né che possa costituire un'attenuante alla pena dell'imputato, come è riportato nella sentenza di primo grado annullata e rimessa allo stesso tribunale perché meglio accerti e motivi se, al momento del sinistro, era in grado di intendere e volere a causa dell’asserito malore che lo avrebbe colto. Una versione non credibile e non provata». L’ingiustizia aggrava il dolore: «Nessuno ci potrà mai restituire i nostri genitori. Ma ascoltare versioni fantasiose e contrarie alla verità, è per noi causa di ulteriore frustrazione. L'incidente, avvenuto 5 anni e 6 mesi fa, ha cambiato la nostra vita. E l’interminabile processo che ne è conseguito, non ci sta aiutando. Ci piacerebbe voltare pagina e vivere serenamente, arrivando presto alla conclusione del processo penale. E alla risoluzione delle azioni in sede civile che, il rifiuto dell’imputato di provvedere al doveroso risarcimento, ci costringe a promuovere».
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