Da Kabul alla lista del Pd, la corsa di Stefano Pozzi: «Diritti e bisogni al centro»
Responsabile del personale, 59 anni, è volontario di Emergency: «È giusto dare un segno, la politica è un servizio: punto a fare bene»

È un omone alto 1 metro e 90, scout, attivo nel volontariato nel gruppo Emergency di Padova, esperto di bisogni, caratteri, ambizioni. Nel 2020 e 2021 era a Kabul, in Afghanistan, come responsabile del personale afghano per l’associazione fondata da Gino Strada.
Ora è candidato alle regionali nelle fila del Partito democratico. «Una candidatura di servizio, la prima e l’ultima, ma punto a fare bella figura», dice Stefano Pozzi, 59 anni, sposato, due figli, da sempre responsabile del personale in grosse aziende (Safilo, Marzotto, Fiamm), con una parentesi come direttore di Confindustria Padova chiamato da Francesco Peghin.
In mezzo la presidenza di Federmanager, sindacato dei dirigenti industriali, fino all’apertura di una società di consulenza tutta sua.
Se chiude gli occhi che cosa vede dell’esperienza in Afghanistan?
«Emergency è li da 24 anni, ha 3 ospedali, 38 centri di primo soccorso, oltre 1.300 dipendenti locali. Ero a Kabul il 15 agosto 2021 quando voi dall’Italia vedevate le immagini dei bambini che si attaccavano ai carrelli degli aerei Galaxy americani. Non abbiamo mai avuto problemi con i talebani, una vita è una vita e “non importa di che colore ha la divisa” come diceva De Andrè, ma gli afghani erano terrorizzati. È stato un periodo di forte stress per tutto il personale. Sono come noi, al lavoro si parla delle stesse cose: le ferie, la voglia di mandare i figli all’estero, tutto riproporzionato naturalmente. Hanno una grande dignità. Ho negli occhi l’enorme quantità di civili che affollava gli ospedali: bambini, bambine, io che sono papà soffrivo».
Perché si è candidato alle regionali nel Pd?
«Sono militante da sempre, ho fatto il cameriere alle feste dell’Unità. Sono vicino alla visione progressista e riformista, il Pd è la mia casa. È un partito che può esprimere davvero al meglio la vicinanza ai bisogni delle persone: partiamo dai diritti civili, dai Cup, dalle case di riposo, c’è molto che non funziona in questo splendido Veneto. Me l’ha chiesto un amico il 3 agosto. È giusto dare un segno, è giusto impegnarsi sapendo che è una scalata difficile, siamo in rincorsa chiaro, ma nei circoli si respira un’aria bellissima».
Che cosa ha imparato dall’esperienza con Emergency che può essere utile in politica?
«Di ripartire dai bisogni delle persone, il compito della politica è migliorare la qualità della vita dei cittadini, rimetterli al centro, quando vedo troppi tagli di nastro e poi i tempi delle prenotazioni per una visita si allungano mi domando se ci sia qualcosa che non va. Oggi la politica in Veneto è fatta di protagonismi, la politica è un servizio come lo scout o il volontariato di Emergency».
Ci sono due poltrone ma tre nomi. Chi passa secondo lei tra Camani, Micalizzi e Doni?
«Spero tutti e tre. Vanessa Camani è la persona che più di tutti ha rappresentato le istanze dei deboli in Regione e l’ha fatto molto bene».
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