Vetro di Murano, business sicuro con maxi-frode fiscale

OPERAZIONE VETRO NERO
L’hanno chiamata “Operazione Vetro Nero”: un’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dal pubblico ministero Stefano Buccini, che denuncia una maxi evasione fiscale da oltre 6 milioni di euro.
«Un sistema diabolico, per la prima volta scoperto in Italia» - lo definisce il generale Giovanni Avitabile - che vede coinvolte otto vetrerie di Murano e un cambiavalute veneziano. «Un ingegnoso meccanismo», per il procuratore della Repubblica, Bruno Cherchi, «possibile in una città turistica come Venezia, con clienti stranieri che facevano acquisti sottratti al Fisco».
Al centro dell’inchiesta, lampadari, sculture di vetro, bicchieri, vasi: merce venduta tra il 2013 e il 2018 per oltre 30 milioni di euro nascosti all’Erario - sostiene la Procura - sui quali non sarebbe stato pagato un euro di imposta.
L’accusa. L’inchiesta ruota attorno al veneziano Claudio Pellarin (residente a Mestre) e al suo anonimo ufficio “Venexto” al civico 5483 di Castello, tra San Lio e la Fava. Per gli investigatori, è lui il perno del raggiro.
In pratica - spiega ancora il procuratore Cherchi - «i pagamenti dei clienti stranieri delle vetrerie passavano attraverso Pos che non erano quelli delle società, ma Pos collegati con Sim card e formalmente intestati al cambiavalute». Ed è così sul suo conto che finiva il “Vetro nero”. Ma solo per poche ore.
«Quest’ultimo», spiega ancora il comando provinciale della Guardia di Finanza, in una nota, «ogni mattina, si recava presso la propria banca per prelevare in contanti un importo corrispondente al totale delle somme incassate dalle vetrerie il giorno precedente, tramite i terminali Pos: in un’occasione, addirittura 170 mila euro. Poi, nel proprio ufficio, il cambiavalute si incontrava con i titolari delle vetrerie, ai quali restituiva i soldi, trattenendo per sé il 5 per cento della commessa». Secondo le accuse: tutti soldi in nero per i negozi di Murano finiti sotto indagine e guadagni illeciti per il cambiavalute.
I numeri dell’evasione. L’indagine contesta ai legali rappresentanti delle otto vetrerie un’evasione dell’Ires per 5,4 milioni di euro tra il 2013 e il febbraio di quest’anno e profitti illeciti per il solo Pellarin per 1,390 milioni di euro, non dichiarati.
Il trucco. Se utilizzare i Pos e i conti dell’imprenditore era la via per alleggerire la denuncia dei redditi, in realtà, in molti casi si sarebbe trattato di una doppia operazione - spiegano ancora gli investigatori - ovvero: il 10 per cento della somma veniva accreditato ufficialmente, in chiaro, permettendo così alle vetrerie di procurarsi il documento fiscale per poi spedire ai clienti la merce all’estero. Il restante 90 per cento finiva invece nel Pos tirato fuori per l’occasione: «In due vetrerie abbiamo trovato un paio di anfratti dove venivano nascosti». Così l’incasso svaniva, alimentando l’evasione fiscale.
L’origine del tutto. «Siamo partiti da un incrocio di dati sulle attività dei cambiavalute ed è emersa la posizione di Pellarin, che risultava disporre di un numero spropositato di Pos: ben 10», racconta ancora il generale Avitabile, «abbiamo verificato con l’ufficio cambi che si trattava di movimentazioni anomale per un cambiavalute e così siamo andati a vedere». Seguendo le tracce degli strumenti per il pagamento, i finanzieri sono arrivati alle vetrerie. Poi, su autorizzazione della Procura, sono state installate videocamere e cimici e i finanzieri hanno seguito “in diretta” alcuni scambi di danaro.
Gli indagati. Sotto indagine, con Pellarin, sono finiti i legali rappresentanti delle otto vetrerie: tutti sono accusati di “dichiarazione fraudolenta in concorso”, per aver evaso l’Ires. Sui 5,4 milioni non pagati, ben 3,3 sono contestati ad Elisabetta Bianchini della Bisanzio Gallery e al marito Leone Panisson, ritenuto dall’accusa l’amministratore di fatto della vetreria.
Sotto indagine, inoltre, Massimiliano Schiavon dell’omonima vetreria Art Team (684 mila euro di Ires evasa contestati); Michele Zampedri della Vetreria Artistica Vivarini (per 174 mila euro); Giorgia Schiavon della vetreria Artistica Reno Schiavon (188 mila euro); Nicola Foccardi della Linea Murano Art (per 204 mila euro); Carlo Masotti della Vetreria Murano Arte (123 mila euro); Umberto Cenedese della Ars Cenedese Murano (159 mila euro) e Roberto Aseo per 634 mila euro. Sin qui le accuse, nei prossimi giorni le difese faranno le loro mosse.

IL CAMBIAVALUTE
Dietro a due quadri, nell’abitazione del cambiavalute Claudio Pellarin, a Mestre, i finanzieri hanno trovato due distinte casseforti, con all’interno 220 mila euro in contanti e tre Rolex. La marca preferita da molti dei dieci indagati dell’operazione “Vetro Nero”: ben dieci, infatti, gli orologi con la corona finiti sotto sequestro, insieme anche a 46 lingottini d’oro.
Molte le perquisizioni, che hanno visto impegnati a Murano, Venezia, ma anche a Trieste, Treviso e Lecce, oltre cento finanzieri del I Gruppo Venezia e del 2° Nucleo operativo, che hanno seguito per oltre un anno le indagini. In mano, l’ordinanza di sequestro preventivo firmata dal giudice per le indagini preliminari David Calabria, che ha accolto la richiesta del pubblico ministero Stefano Buccini, controfirmata dal procuratore aggiunto Stefano Ancilotto, coordinatore d’area per i reati di ambito fiscale.
Autorizzato, il sequestro preventivo fino a 7 milioni di euro a carico - ognuno per la sua parte - del cambiavalute (accusato di aver illecitamente guadagnato oltre 1,3 milioni), delle 8 vetrerie muranesi sotto indagine per evasione fiscale e dei legali rappresentanti indagati per la maxi-evasione dell’Ires per 5,4 milioni di euro. I sigilli sono così scattati sui conti correnti delle aziende, ma anche su una Mercedes del valore di 70 mila euro e su alcuni immobili di varia grandezza: dall’ufficio di una stanza fino all’appartamento. Sotto sequestro, anche decine di tablet e pc che serviranno ai finanzieri per proseguire negli accertamenti.
Per il giudice delle indagini preliminari Calabria, in ogni caso, le prove ci sono già tutte: «Il compendio indiziario raccolto nel corso delle investigazioni (....) è solido e convincente», scrive nell’ordinanza. E, ancora, «non vi è dubbio che l’impiego dei Pos messi a disposizione dal Pallarin costituisca un (peraltro assai ingegnoso) meccanismo fraudolento per consentire agli operatori economici di incassare “in nero” i corrispettivi delle vendite senza lasciare traccia».
Migliaia di operazioni. Il giudice parte proprio dal vorticoso giro di affari di «Claudio Pellarin, titolare della ditta Venexto, operatore turistico e cambiavalute, intestatario di ben 10 apparecchi Pos (tutti appoggiati alla filiale di Venezia San Marco della Banca Popolare di Vicenza): numero di apparecchi che, tenute conto delle modeste dimensioni dell’attività in questione, svolta all’interno di un solo locale, appariva obiettivamente eccessivo».
Addirittura «spropositato» per un cambiavalute la cui «attività per altro non è segnalata da alcuna indicazione sulle vetrine esterne alla sede a Castello 5483». Ben 5344 le transazioni registrate tra il 2014 e il 2016 dal cambiavalute, con una «entità eclatante degli importi, per 16 milioni e mezzo di euro». Altre 2236 operazioni solo negli ultimi nove mesi. Conclusione del giudice: «L’attività di agenzia di viaggi del cambiavalute era a tutti gli effetti sostanzialmente inoperante e, quindi, di copertura».«Puntuale», conclude, «anche la ricostruzione della concreta gestione, da parte delle vetrerie, delle frodi fiscali».
“Macchinetta del caffe”. Così, nelle intercettazioni, i responsabili della vetrerie chiamavano il Pos, quando telefonavano a Pellarin in caso di mancato funzionamento. «Lapalissiano», scrive la Finanza, «che tale comportamento viene attuato per timore di essere intercettati».
La contestazione. Su un punto il giudice dissente dalla Procura: sulla contestazione a Pellarin, oltre che del reato di false dichiarazioni, anche di “autoriciclaggio” (articolo 648 ter), che non sussisterebbe in quanto avrebbe investito i “guadagni” del raggiro in beni di uso comune.
LE REAZIONI
Il sindacato. Una grande manifestazione contro l’illegalità nel mondo del vetro artistico muranese. A organizzarla sarà la Filctem Cgil di Venezia, per dare un segnale forte al settore, cercando di ribellarsi al danno d’immagine e alle ricadute negative che seguiranno i fatti su cui sta indagando la Procura con la Guardia di finanza.
«Da tempo come Filctem veneziana abbiamo siglato l’accordo sulla legalità nel settore calzaturiero, ora crediamo sia arrivato il momento di fare altrettanto anche nel mondo del vetro», sostiene Michele Pettenò, segretario provinciale Filctem Vetro.
«Intanto dobbiamo capire bene cosa sia successo questa volta. Se dovessero esserci riscontri effettivi alle indagini, la cosa sarebbe sicuramente molto preoccupante. Ma lo sarebbe soprattutto per i danni che causerebbe a tutto il distretto. Già abbiamo dovuto superare lo scandalo del vetro contraffatto venduto come originale, e sappiamo bene che vari commercianti vendono prodotti o pezzi non fatti in isola. Mi chiedo: se il sistema fosse stato completamente diverso, avremmo avuto lo stesso tutta questa crisi? Perché c’è la necessità di vendere in nero, nascondendo un reale guadagno? Il sindacato da sempre denuncia le irregolarità e non ci fermeremo neppure in questa occasione».
Il settore vetro artistico di Murano nel corso degli ultimi anni ha visto chiudere numerose fornaci e sale di vendita. Tanti sono stati gli operai e i dipendenti messi in mobilità, licenziati o oggetto del ricorso alla cassa integrazione, un problema anche nel presente.
«Continuiamo a credere che il distretto di Murano sia ancora una risorsa da far valere per ciò che di buono ha in sé», prosegue l’esponente sindacale. «E non vogliamo che dal distretto alla fine emergano solamente le pecche. Si parla di vetro contraffatto, abbandono delle fornaci perché la produzione si sposta in terraferma. Si parla di cassa integrazione, ma tutto questo è la conseguenza di un sistema gestito male e che sta mostrando la sua vera faccia. Come sindacato abbiamo sempre tentato di cercare soluzioni ai problemi, e c’è bisogno di soluzioni condivise. Murano deve rimanere un distretto produttivo ed è impensabile che possa diventare altro. Non deve esserci spazio per le speculazioni».
Michele Pettenò rincara la dose. «Quando avevamo detto che Murano era come Cortina d’Ampezzo con la vicenda degli scontrini fiscali, ci vedevamo giusto, perché servono controlli continui da parte della Guardia di finanza. L’evasione non è una sola, ci sono tanti modi per attuarla. Siamo da sempre per un sistema che sia legale e vogliamo ancora che a Murano si parli di rilancio, non solo di fatti negativi. Adesso il nostro timore che questa vicenda porti a nuovi licenziamenti: situazioni come queste hanno sempre avuto pesanti ricadute sui più deboli. C’è infatti il rischio che il danno di immagine porte le fornaci a non vendere, e a quel punto l’effetto a cascata peserebbe sui lavoratori».
Dal Consorzio Promovetro, che gestisce il marchio di autenticità della produzione in isola, la prima reazione è stata quella legata a una grande amarezza per il danno di immagine che deriverà dalla vicenda.«Mi spiace solo per un semplice motivo», afferma il presidente Luciano Gambaro, «Murano non ha bisogno di trovarsi con un’altra spallata alla nostra immagine. Qui c’è gente che lavora, l’isola viene riconosciuta come la patria del vetro artistico mondiale, e ci troviamo invischiati in questa triste situazione. Resto esterrefatto».
Dura anche la presa di posizione di Gianni De Checchi, segretario di Confartigianato Venezia. «Murano è un microcosmo fatto di tante componenti. Dobbiamo prima di tutto capire quali sono quelle con del marcio all’interno, isolandole rispetto a quelle che faticano giorno dopo giorno a portare avanti in maniera corretta, onesta e innovativa l’immagine di questa isola che è unica nel suo genere. Tra queste due realtà c’è un universo di mezzo, e non si deve correre il rischio di fare di tutta un’erba un fascio. Queste vicende pesano come un macigno».
Il segretario di Confartigianato Venezia non dimentica poi l’impegno per il rilancio del settore. «Tra la Glass Week, la Gas e altro ancora si sta facendo di tutto per tenere alto il nome di Murano. Certamente da parte nostra ci sarà l’impegno a sottolineare in tutti i modi la necessità di impedire che il marcio vinca».
«Abbiamo piena fiducia nel lavoro della Magistratura e della Guardia di finanza», aggiungono da Confindustria Venezia Rovigo. «Tutto ciò che va nella direzione della legalità non può che trovarci convinti sostenitori. Il nostro impegno per il rispetto della legalità è infatti un asse portante e l’associazione è da sempre in prima linea per promuovere la trasparenza e la legalità delle persone, delle azioni e delle attività imprenditoriali. Confindustria è e vuole continuare a essere l’espressione di un tessuto industriale sano. È giusto riporre piena fiducia nel lavoro che la Magistratura sta eseguendo».
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L'ISOLA DI VETRO
L’isola di vetro si è incrinata. In apparenza è una Murano tranquilla quella che ha appreso la notizia della maxi evasione. Nessuna apparente scossa per le file e file di negozi di vetro che riempiono le rive di altrettante file e file di turisti. Ignari di quanto stia avvenendo, i visitatori arrivano con le loro macchine fotografiche e i loro zainetti, indirizzati verso le fornaci dai cosiddetti intromettitori che li attendono alle fermate dei vaporetti.
Tuttavia basta accennare ai controlli della Guardia di Finanza che i grandi sorrisi dei commessi si spengono in un battibaleno. Le uniche frasi che concedono sono: «Non ne sappiamo nulla», «Non rilasciamo commenti in questo momento» e «Non c’è il referente».
L’isola di vetro è stata incrinata e nessuno vuole avere a che fare con quanto emerso. In un luogo con poco più di quattromila persone non ci si espone, ma tutti sanno quello che accade al proprio vicino. Le voci in una piccola isola corrono veloci, ma non si punta il dito sul proprio vicino.
«Ne parlavano tutti già dalla sera prima (domenica, ndr), quando la Guardia di Finanza è arrivata, ma siamo basiti anche perché la somma è davvero altissima», racconta un maestro vetraio di fama internazionale come Adriano Berengo, «Io ormai negli ultimi decenni mi occupo soltanto di produzione di vetro e lavoro con artisti, ma siamo rimasti tutti di sasso. Io stesso fatico a crederci».
Nei social network invece qualcuno non si stupisce della quantità di soldi che girano in certi ambienti, in particolare tra chi vende opere d’arte di vetro agli stranieri, e sospetta che ce ne siano ancora molti di più da scoprire.
Tra le otto vetrerie coinvolte, una è proprio quella che si staglia davanti a Piazza della Colonna, non appena si scende dall’omonima fermata di vaporetto Colonna.

È la Fornace Cam, una struttura imponente che ricorda i tempi d’oro del vetro di Murano che, negli ultimi anni, non riesce a superare la crisi. Una crisi che, a quanto sembra dalle indagini, non ha toccato le società scoperte dalla Guardia di Finanza, come raccontano i sei milioni di euro evasi. I saloni dove si vendono le opere in vetro sono impeccabili: pulitissimi, lucidissimi e pieni di specchi. Entrarci ipnotizza. Tutto luccica e risplende, non c’è nulla fuori posto. In questi luoghi scintillanti però trovava spazio l’illecito, come dimostra l’operazione «Vetro Nero».
Appena entrati, sulla destra, c’è un piccolo ufficio con vetrate trasparenti, dove avvengono le vendite e dove si chiedono informazioni. Ci presentiamo come giornalisti e chiediamo di parlare con un referente, ma la risposta è vedere la finestra chiudersi all’istante: «Non vogliamo apparire sul giornale e non c’è nessuno da sentire».
Lo stesso avviene negli altri posti, senza contare Vivarini in Fondamenta della Serenella che afferma di non saperne proprio nulla. Ieri erano insomma tutti impegnati. Nella Vetreria Murano Arte non c’era il proprietario, come anche nella Linea Arte Murano. Da Art Reno Schiavon «Siamo tutti molto indaffarati. Lei sta lavorando e anche noi». Stesso copione da Cenedese e di Schiavon Max Art Team, quest’ultimo con la Guardia di Finanza negli uffici che controllava i documenti.
Le vetrerie di Murano coinvolte nell'inchiesta della FInanza







Massimiliano Schiavon Art Team la si riconosce dal giallo della parete in Fondamenta della Serenella, un giallo che risalta in quest’area piena di vecchie fornaci di mattoni consumati dal tempo. Metà parete è color canarino, l’altra lascia intravedere quelle pietre del passato. Chiediamo di parlare con un dipendente, ma quando entriamo nel presunto ufficio, vediamo una stanza con le vetrate trasparenti, dove due uomini seduti alla scrivania guardano fogli su fogli. «Ci sono delle indagini in corso, non possiamo dire nulla».
Pochi metri più avanti la Vetreria Murano Arte impera sulla laguna. Un tempo grandissima fornace, ora una galleria con dimostrazioni e un giro continuo di turisti. «Il referente non c’è, è uscito» tagliano corto i dipendenti, barricati dietro a una serie di risposte confezionate.
La contraddizione dell’isola si palpa con mano. Fiumi di visitatori entrano ed escono dalle gallerie, incantati dalla magia che il fuoco ardente riesce ancora a trasmettere. Vagano nell’isola sbirciando tra le fornaci, ammirando le vetrine e scattandosi selfie sui ponti o davanti a qualche opera troppo cara per essere acquistata. Poi ci sono le comitive di orientali, più propensi alla spesa, accolti all’interno da personale che conosce bene la loro lingua e li fa sentire a casa.
Le fondamenta sembrano una lunga e infinita galleria. Molte sono senza nome, ma gli interni si replicano, nonostante gli oggetti sia no diversi. Una grande sala con un rigoroso lampadario di Murano e i vetri. Qui non ci sono negozi da un euro, qui c’è «il vero vetro di Murano», quello che vuole resistere alla crisi.
Nello stesso tempo, qualche finestra infranta lascia intravedere le fornaci vuote e deserte e si sente l’odore di un vuoto che si fa strada. Il vetro è presente ovunque, anche dove non ci sono più fornaci, ma i resti delle glorie di un tempo.
Quanto influirà l’operazione Vetro Nero» sul futuro dell’isola? «Come dicevo sono basito e non sono il solo» conclude Berengo «Il mio auspicio è che quanto sta succedendo dia uno scossone al mondo del vetro e che si riprenda con la produzione di idee perché quella è la vera crisi».
A cura di Paolo Cagnan. Servizi di Roberta De Rossi, Simone Bianchi,Vera Mantengoli
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