«Walkie talkie all'esame, al Sud fanno così»

PADOVA. Il giorno dopo essere state scoperte con walkie talkie, tablet e pc durante l’esame di Stato dell’Ordine degli avvocati in un padiglione della Fiera, con 1. 224 aspiranti legali, madre e figlia della famiglia Zalveri, di Zero Branco, provano a farsi forza reciprocamente.
Martedì mattina, mentre la figlia 37enne Sonia era chiamata a risolvere i quesiti della prima prova scritta di diritto civile, mamma Giuseppina era infatti in attesa di eventuali tracce provenienti dal web da trasmettere poi alla figlia. Ma sono state scoperte nel giro di un paio d’ore dai commissari - messi in allarme da un rilevatore che aveva captato le onde radio dei walkie talkie delle donne - e dalla Guardia di Finanza, che ha poi provveduto alla denuncia per entrambe.
«Mia figlia si sente come Fabrizio Corona», dice la madre, «presa di mira, perseguitata e sbeffeggiata». Mamma Giuseppina Scomparin, 62 anni, rompe invece il silenzio e dice la sua: «Questo episodio è stato per noi come toccare il fondo, mia figlia era stufa di questo esame: era la quinta volta che lo provava e voleva passarlo a tutti i costi. L’idea è stata sua e ha detto “o la va o la spacca” , sarebbe comunque stata l’ultima volta. Aveva letto in internet di un aspirante avvocato che al Sud aveva superato l’esame grazie ai walkie talkie e così mi ha chiesto di aiutarla. Io fino alla mattina ero insicura e titubante, avevo molta paura ma lei invece era decisa. Era convinta altrimenti di non passare quell’esame. Studiava giorno e notte, ormai si sentiva di peso per noi genitori e voleva essere autonoma. Ora dove andrà a trovare lavoro? Dove sono gli aiuti per i giovani? Senz’altro cambierà settore, ma quel che è certo è che non ci aspettavamo sarebbe successo tutto ciò. Mia figlia ora sta metabolizzando la cosa, ma era convinta che, nel caso fosse stata scoperta, l’avrebbero semplicemente espulsa dall’aula».
Ma così non è stato, la legge parla chiaro e il pm Giorgio Falcone di Padova ha dovuto aprire un’inchiesta. «Ora siamo sotto indagine», continua la donna, «ma ieri ci hanno trattato come banditi, con perquisizioni e quant’altro. Siamo gente normale, cos’abbiamo fatto? Quante cose peggiori ci sono? Al Sud quante ne succedono? Il mio walkie talkie era spento e fino alle 13. 30, su internet, non c’era alcuna traccia relativa all’esame, nemmeno sul sito del ministero degli Interni. Sonia aveva con sé un computer, va bene, ma non l’ha usato. Certi personaggi della commissione l’hanno guardata ridendo, ma lei non è una persona da circo, è stata invece usata come capro espiatorio per gli altri e pure in malo modo, con molta cattiveria». Infine l’ammissione: «Sonia si è pentita, ma ormai quel che è fatto è fatto. Non si può tornare indietro». (a.b.v.)
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova