Zanonato: «Scelsi io il nome Sant’Antonio perché mai nessuno toccasse quest’ospedale»

l’intervista
Uno si affida ai santi sperando di mettere le cose al sicuro ma a distanza di qualche anno rischia dis coprire che l’investimento così sicuro non era. L’ex sindaco, attuale parlamemntare europeo Flavio Zanonato, ricorda come nacque l’idea di intitolare l’ospedale di via Facciolati a Sant’Antonio e del motivo per cui fu deciso di trasformare la vecchia struttura del Cto in un nuovo ospedale dell’Usl. E rispetto al dibattito di questi giorni sul destino del nosocomio, che le schede ospedlaiere regionali cancellano, chiede prudenza: secondo lui il Sant’Antonio ha di fronte ancora molti anni di attività prima che il suo destino sia segnato.
Zanonato come nacque l’idea di intitolare l’ospedale al Santo?
«Eravamo a metà anni Novanta ed era aperta la discussione sul nome del nuovo stadio. All’epoca l’avvocato Giuseppe Toffanin, che si dedicava anche alla storia della città, propose due nomi, Euganeo - visto che l’impianto si affacciava sui colli Euganei, e Sant’Antonio in omaggio al Santo dei padovani. Nello stesso periodo nacque l’ospedale di via Facciolati, dopo la conversione del Cto che era una struttura dedicata essenzialmente alla traumatologia. La sua nuova veste era quella di un ospedale per i cittadini e così scegliemmo il nome del Santo».
In realtà c’è qualcuno che ricorda che già all’epoca non mancavano “appetiti” rispetto a quella struttura, anche da parte dell’Università. E che la scelta del nome Sant’Antonio volesse essere una sorta di garanzia per il suo futuro.
«È in parte vero, ma la cosa va spiegata bene. All’epoca esisteva una tensione marcata fra i medici ospedalieri e universitari. I primari ospedalieri non erano professori universitari e c’era una separazione netta con i clinici. L’idea che portò alla nascita del Sant’Antonio come ospedale dell’Usl era proprio quella di valorizzare le due realtà sanitarie cittadine: l’Azienda universitaria da una parte, dedicata alla cura ma anche alla ricerca e alla formazione, e dall’altra l’ospedale dell’Usl, legato all’attività territoriale. E fino ad oggi questo progetto ha dato i suoi migliori frutti perché abbiamo due realtà di eccellenza».
Come giudica la scelta della Regione di cancellare il Sant’Antonio?
«Premetto che parlo per buon senso e non per competenza specifica. Credo che il Sant’Antonio non rischi nulla per molti anni a venire. La nuova configurazione della sanità padovana sui due poli del Giustinianeo e Padova Est va vista in prospettiva. Quello che ritengo fondamentale è che la politica sappia accompagnare il percorso di integrazione fra queste realtà».
Come vede il ruolo dell’Università?
«L’Università non può essere considerata qualcosa di negativo, in nessun modo. Ritengo che avere una sanità governata anche dall’Università, quella dov’è nata la medicina moderna, sia solo un valore aggiunto». —
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