“Ezzelino e la grafica” il racconto del Tiranno padre di un Nordest affacciato sull’Europa

A Romano le opere e l’interpretazione dei disegnatori veneti Tra di loro due grandi artisti padovani: Mancini e Grossato 





Tiranno crudele e assetato di sangue oppure stratega abile e lungimirante, amante delle scienze e delle arti, antesignano dell’idea di un Nordest unitario ma inserito negli scenari europei, grazie ai suoi rapporti (anche parentali) con l’imperatore Federico II? La valutazione della figura di Ezzelino III da Romano (1194 – 1259) divide gli storici, ma anche gli artisti e i... disegnatori, ai quali ha sempre fornito abbondante ispirazione. Lo dimostra l’esposizione “Ezzelino nella grafica”, aperta fino al 23 novembre a San Giacomo di Romano.



Curata dal disegnatore e performer vicentino Gabriele Scotolati, la mostra presenta varie storie figurate dagli anni 50 ad oggi, privilegiando due artisti padovani, il disegnatore Piero Mancini e il soggettista Fabio Grossato, il primo (adriese di nascita) morto 52enne nel 1979, il secondo deceduto, 97enne, un anno fa. A misurarsi sulla figura dell’Ezzelino (che già ispirò Dante, Tassoni e Oscar Wilde) sono i più importanti fra i disegnatori veneti e non solo, viventi o meno, da Dino Battaglia ad Aldo Capitanio, da Alberto Tosi a Francesco Lucianetti, da Guido Petrin a Giorgio Trevisan, da Nino e Silvio Gregori a Francesco Rizzato. Per gran parte di essi, poi approdati a Tex, Topolino, Il Giornalino e Famiglia Cristiana, la palestra fu il Messaggero dei Ragazzi, (ora in cattive acque) o il suo progenitore, “Sant’Antonio e i fanciulli” (fondato nel 1922 dai frati minori).



E proprio su questa rivista il ventiquattrenne Mancini illustrò nel 1951 la vita di Ezzelino, con uno stile grafico classico, che risentiva della lezione di Alex Raymond, padre di Gordon; il soggetto di Grossato era ispirato alla vulgata in voga all’epoca sul tiranno, che gli aveva meritato il soprannome di “Terribile” per l’astuzia luciferina con cui ingannava i nemici (i governanti delle città venete su cui aveva messo gli occhi) e la spietatezza che riservava a oppositori e popolazioni conquistate. «L’evoluzione di Mancini fu sorprendente», osserva Scotolati, «perché già negli anni’ 60 cominciò a sperimentare soluzioni grafiche e tecniche innovative (l’uso di spugna, lamette da barba, spazzolini da denti), diventando uno dei primi esponenti in Italia del “fumetto d’autore” e maestro riconosciuto di disegnatori diventati anche più famosi di lui, come Sergio Toppi e Dino Battaglia». Un’evoluzione evidente in una sua rappresentazione di Ezzelino del 1975, che raccontava l’incontro del tiranno con Sant’Antonio, finita con la sua celebre invettiva “O nemico di Dio... un tremendo castigo sta sospeso sul tuo capo”, e la presunta conversione del reprobo.



A testimoniare la riconsiderazione intervenuta negli ultimi anni sulla figura di Ezzelino (“non fu né un imperatore né un santo, ma certamente ebbe qualcosa di entrambi”, ha scritto ad esempio lo storico Giorgio Cracco) sono i lavori del romano “padovanizzato” Francesco Lucianetti ( “Damnatio Memoriae”) e soprattutto dell’estense Francesco Rizzato, ora nella squadra di Bonelli Editore ( “Pietre vive” e “Alla corte di Ezzelinello”) che privilegiano le doti di stratega e di politico del condottiero piuttosto che la sua crudeltà. Il più giovane dei disegnatori in mostra, il ventitreenne Nicola Pertile, si cimenta invece (su soggetto di Roberto Frison), in una versione manga-fantasy della vicenda del concittadino. —



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