I disegni e le note di Cavalcaselle dalla Marciana a Palazzo Reale

MILANO. C’è un solido legame con Venezia e con il Veneto nella splendida mostra dedicata ad Antonello da Messina e in corso a Palazzo Reale.
Accanto alle opere autografe di Antonello, in mostra sono infatti esposti sette taccuini e diversi fogli sciolti con annotazioni e disegni di Giovan Battista Cavalcaselle per proporre una lettura delle opere dell’artista siciliano andando ad analizzarle nel dettaglio, così da svelare la particolare tecnica di Antonello, completamente differente da quella elaborata dagli artisti fiamminghi e con differenze sostanziali rispetto a quanto si andava elaborando in Veneto.
I taccuini sono conservati alla Biblioteca Marciana – restaurati proprio in occasione della mostra – dal 1904, in seguito al lascito della vedova del grande storico veronese dell’arte di epoca ottocentesca.
Gli appunti contengono in gran parte schizzi e riproduzioni di opere d’arte accompagnati da commenti. Cavalcaselle – come ricorda anche Giovanni Villa nel bellissimo catalogo Skira che accompagna la mostra – era un giovane appassionato d’arte, fervente mazziniano, impegnato anche nella difesa di Venezia del 1848, a cui si deve la ricostruzione del primo catalogo di Antonello da Messina, contribuendo alla sua definitiva rivalutazione critica, togliendolo da un lungo oblìo. Quello di una quasi mitica figura d’artista privo di opere e di riscontri visivi. Un giovane «rabdomante della storia dell’arte», come lo definì poi Roberto Longhi, che viaggiando infaticabile in giro per i musei europei, seppe ricostruire anche la “geografia” delle attribuzioni di opere di Antonello che hanno retto al successivo esame della critica.
La sua opera si concretizzò in scritti sistematici di storia dell’arte, specie dopo l’incontro con il giornalista e storico inglese Joseph Archer Crowe, che provvide alla stesura in inglese. Uscì dapprima la “Storia della Pittura fiamminga”, e poi la monumentale “Storia della pittura in Italia” cui si affiancò la sezione della Storia della pittura in Italia settentrionale, diventata vasta e quindi edita a sé. Nei suoi taccuini, Cavalcaselle estrapolava da ogni dipinto e grazie al disegno l’essenza dell’artista e annotava a margine, con slanci linguistici spesso perentori o talvolta in forma di pensieri sciolti, le proprie riflessioni critiche.
In ogni caso, però, il suo ragionamento non si concludeva mai al momento del rilievo, né si fissava nell’attimo in cui era tradotto in scrittura poiché spesso, anche a distanza di molto tempo, tornava su quanto già affermato, rivedendo persino le sue stesse posizioni. —
E.T.
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova