I luoghi per pensare Indagine sui rifugi che hanno acceso la mente dei filosofi

Per Heidegger era una baita, per Wittgenstein un fiordo Adorno scelse l’esilio. A Venezia gli spazi della riflessione 

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È una sfida affascinante quella che propone “Machines à penser», la mostra aperta nei giorni della Biennale Architettura (e fino al 25 novembre) alla Fondazione Prada di Venezia. “Visualizzare” il pensiero filosofico di tre giganti mitteleuropei del XX secolo, tra loro contemporanei come Theodor Adorno, Martin Heidegger e Ludwig Wittgenstein, ponendoli in correlazione attraverso i “luoghi” del loro isolamento intellettuale, rendendolo appunto un percorso espositivo.

Gli spazi per la meditazione sono ricostruiti anche fisicamente al primo piano di Ca’ Corner della Regina, sede della Fondazione Prada. Il progetto del curatore Dieter Roelstraete esplora la correlazione tra le condizioni di esilio, fuga e ritiro e i luoghi fisici o mentali che favoriscono la riflessione, il pensiero e la produzione intellettuale.



Mentre Heidegger e Wittgenstein hanno condiviso nel corso della loro vita la necessità di creare un proprio luogo di isolamento intellettuale (il primo in una baita a Todtnauberg nella Foresta Nera in Germania, l’altro in un rifugio in un fiordo a Skjolden in Norvegia), la figura di Adorno è analizzata prendendo spunto dall’esilio che il filosofo tedesco sperimentò a causa dell’affermazione del nazismo in Germania e che lo porterà a rifugiarsi in America, dove scrive i “Minima Moralia”, aforismi che indagano anche sul tema attualissimo della costrizione all’esilio.

Seguendo queste riflessioni l’artista e poeta scozzese Ian Hamilton Finlay ha realizzato nel 1987 “Adorno’s Hut”, un’installazione centrale all’interno della mostra veneziana. Insieme alle ricostruzioni architettoniche dei luoghi di ritiro nei quali Heidegger e Wittgenstein scrissero le loro rispettive opere fondamentali “Essere e Tempo” (1927) e “Tractatus Logico-Philosophicus” (1921). Esposte negli spazi di Ca’ Corner della Regina, queste riproduzioni accolgono a loro volta documenti e opere che trattano il tema dell’archetipo architettonico della capanna come luogo di fuga e di ritiro. La mostra si sviluppa al piano terra e al piano nobile del palazzo in un percorso immersivo che approfondisce le figure dei tre pensatori e la relazione tra filosofia, arte e architettura.



Adorno è il protagonista anche della prima parte della mostra, in cui il suo esilio americano è evocato attraverso l’ingrandimento di una fotografia di Patrick Lakey che documenta l’interno di Villa Aurora a Los Angeles, frequentata dal filosofo e da altri esuli tedeschi negli anni Quaranta in quanto luogo di reciproco scambio di idee.

Al primo piano l’abitazione di Heidegger nella Foresta Nera è evocata in una ricostruzione che ospita, tra le opere, una serie di fotografie del filosofo e della moglie realizzate a Todtnauber tra il 1966 e il 1968, oltre a oggetti in ceramiche e a stampe di due opere d’arte presenti nella casa. All’interno della ricostruzione della piccola casa di Wittgenstein in Norevgia è esposta l’unica scultura realizzata dal filosofo austro-britannico, “Head of a girl”, insieme ad alcuni suoi oggetti personali. —





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