I ragazzi criminali nel “Robinù” di Santoro

«Da piccolo non hai mai avuto nulla e ora vuoi tutto e subito». Questo dice uno dei ragazzi intervistati da Michele Santoro, nel suo esordio alla regia “Robinù”. I nuovi Robin Hood sono giovanissimi...

«Da piccolo non hai mai avuto nulla e ora vuoi tutto e subito». Questo dice uno dei ragazzi intervistati da Michele Santoro, nel suo esordio alla regia “Robinù”. I nuovi Robin Hood sono giovanissimi criminali intenzionati a rifiutare l’autorità di quei capi della camorra che si sono arricchiti e poi pentiti. Il 15 giugno 2016 il Tribunale di Napoli ha condannato oltre 40 ragazzi riconoscendo per la prima volta l’esistenza di un cartello formato dai giovanissimi Sibillio e dagli eredi del vecchio boss Giuliano. Santoro, con una consapevolezza stilistica più vicina al cinema che al giornalismo, entra nelle storie di questi nuovi baby boss. Non si sa bene con che sentimento affrontare le facce senza barba di adolescenti che dicono che possedere un kalashnikov è come avere il mondo in mano e tra le braccia Belen. O di ragazze che spiegano che chi vive in strada ha più cuore e più sentimenti di chi è bravo e preciso andando a scuola tutte le mattine. “Robinù” è Michele, un 23enne condannato a 16 anni. Amato nel quartiere perché capace di aiutare chi aveva bisogno. È lui il personaggio sul quale Santoro si sofferma maggiormente, il simbolo di quella che viene chiamata “la paranza dei bambini”, un intero giovane popolo ridotto a carne da macello,per il quale le istituzioni si sono girate dall’altra parte. Lo sguardo del regista centra la giusta distanza, evitando il giudizio morale. Il film passa stasera alle 21 in Sala Giardino; prossimamente nelle sale, distribuito da Videa.

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