Il mondo di Hillary, la sconfitta delle ideologie precostituite che nascono nella testa di chi vuole un mondo assoluto

Il mondo di Hillary, sembra il titolo di un film, la narrazione di un’epoca, di un’epopea, la storia di una saga. Forse lo è stata veramente, e forse ora è il momento di dedicare un ragionamento alle...

Il mondo di Hillary, sembra il titolo di un film, la narrazione di un’epoca, di un’epopea, la storia di una saga. Forse lo è stata veramente, e forse ora è il momento di dedicare un ragionamento alle proporzioni mentali e comportamentali di una sconfitta che riguarda non solo se stessa, la sua personalità, ma ciò che ha rappresentato. Si precipita più facilmente, ci si rialza con più fatica se si deve fare i conti con simboli larghi, quasi planetari. Il pensiero di Hillary, decodificato, ci consente solo delle ipotesi, partendo dalla foto per cui i grandi sconfitti assieme a lei si possono intuire nella scelta del luogo, il bosco, un selfie con una fan con bambino, dove forse Hillary intende rappresentarsi in una scena che dedica a se stessa, portandosi dietro anche il mondo che l’ha voluta, sostenuta, fino al paradosso della realtà. È la sconfitta di un potente, di chi ha gestito grandi parti di un potere mondiale, e se sei al centro di questo enorme potere, anche i tuoi sentimenti si allargano, le proporzioni mentali e gli atteggiamenti ti caricano di una lettura assolutamente diversa dalla soggettività che non ha il peso della gestione di parti così importanti del mondo.

Più il potere è largo, esteso, quasi infinito, maggiori sono i rischi che la mente non riesca più ad avere confini e mettere in atto quei meccanismi di controllo che, assieme alle pulsioni, in equilibrio danno una giusta lettura della realtà.

Il bosco è un non-luogo, c’è la libertà di non avere confini e mete precise, nei boschi si va per infiniti motivi, ma è sempre inalienabile il significato di buio impenetrabile, irrazionale, forse la foto è ciò che Hillary vorrebbe essere all’interno di un percorso che ha come simbologia decidere, capire, elaborare, stanare, sicuramente recuperare i suoi desideri profondi in un ruolo interrotto su ciò che si era costruita. È questo forse l’inganno, la trappola sui suoi stessi desideri. Elabora un potente, quando è così vasta la proiezione di se stesso, in un mondo così ampio da non vederne i confini? Non è detto che sia un passaggio semplice e automatico l’autocritica, talvolta la sconfitta è la perdita reale di una parte di se stessi, ricondurre la propria vita in un’altra realtà può diventare difficile, quasi impossibile, e i grandi personaggi della storia hanno due vie possibili. Il ricordo, l’implosione sulla via progressiva della vita, il lutto che non viene elaborato, ma ostentato. Si rischia di vivere in una sorta di catatonia, un immobilismo che dà un’apparente armonia, il sorriso largo, ma gli occhi che sono altrove, una inevitabile mestizia, la malinconia di una storia perduta per sempre, che rischia di rimanere tale per sempre. L’altra possibilità è la negazione, un riluttante meccanismo verso la vita, che diventa insostenibile, ed allora ci sono quei rituali patetici, ma comprensibili, di dare alla vita una presunta rinascita, un tempo compiuto, per doversi ripresentare al mondo per ciò che sei stato. Hillary non perde perché fredda e distante, ma perché si è convinta che era in grado molto di più del suo stesso personaggio: per far fronte a un ruolo quasi universale, si è dovuta restringere su tutto ciò per cui ha lottato, l’ambizione, il potere, la spregiudicatezza, entro un’inevitabile proiezione mentale. Hillary rappresenta la sconfitta delle ideologie precostituite, quelle che nascono nella testa di chi vuole un mondo assoluto. L’Europa, ma anche Hillary, fino all’esagerazione proiettiva di significati esagerati, ci danno una lettura che la storia ci ha sempre insegnato, che i cambiamenti non sono sempre evitabili. È così che i mondi sono cambiati nel corso della storia. Hillary è un personaggio forte, intelligente, ma dovrà elaborare il suo grande lutto e in ogni caso sono l’umiltà e la capacità critica della sua rappresentazione a poterla fare un giorno, forse, rinascere.

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