Quattromila anni di storia sulla scia di un profumo

Sarebbe stata la stessa, la Storia, se Cleopatra non avesse usato quei suoi mitici unguenti profumati? E sarebbero gli stessi, i nostri ricordi, se ad accenderli non ci fosse - improvviso - un soffio di profumo? Seduzione, messaggio, eleganza: questo, è il profumo. Ma, a dirla tutta, anche strumento usato (purtroppo, non sempre con successo e spesso maldestramente) per coprire l’odore di corpi poco lavati e di ambienti dove l’igiene non ha casa.
Tutto questo racconta la mostra - tanto affascinante quanto insolita - “Storia del Profumo, profumo della storia”, in corso fino al 26 marzo al Museo Nazionale Archeologico di Fratta Polesine, e già la scelta della sede, con tutta la sua autorevolezza, fa capire che qui non si parla (non solo) di fragranze, mode e boccette, ma di qualcosa che accompagna l’uomo da tempi remoti. Curata da Federica Gonzato con Chiara Beatrice Vicentini, Silvia Vertuani e Stefano Manfredini, racconta diversissime storie, tutte incentrate sul profumo e sull’arte profumiera.
Sono quattromila anni di profumi, attraverso i loro contenitori: da quelli - aryballoi, e lekythoi - preziosissimi in pasta vitrea o ceramica decorata dal Mediterraneo orientale, del XX sec. a.C, all’età greca e romana, a quelli più recenti, dove cominciano a “pesare” i marchi della grande profumeria planetaria. Ma si vedono anche oggetti, libri, antichi formulari e farmacopee, si possono usare strumenti multimediali e provare esperienze sensoriali. La mostra infatti non offre solo reperti e documenti rarissimi, ma fornisce anche sensazioni e esperienze coinvolgenti facendo provare al visitatore il lavoro dei “nasi”, alla scoperta delle diverse essenze e immaginando le loro composizioni.
Si annuseranno essenze diversissime, nella quasi totalità di origine vegetale. Compresa quella della Rosa Centifolia, la varietà che, coltivata a Grasse in Provenza, offre la fragranza che rende unico Chanel n. 5. La casa profumiera parigina ha l’opzione sull’intera produzione della famiglia Muol, il miglior produttore di Centifolia, per i prossimi 100 anni. Per ottenere un chilo e mezzo di essenza vengono impiegate centinaia di migliaia di rose, quante ne servono per avere una tonnellata di petali, che corrisponde a cifre da capogiro. Ma è l’olio essenziale della rosa di Taif il più costoso al mondo: se ne producono solamente 16 chili all’anno e vale oltre 50 mila euro al chilo. La produzione è destinata in gran parte all’Arabia Saudita.
I profumi e l’arte profumiera hanno sempre affascinato le famiglie reali e principesche. Questa passione contagiò, tra le tante, Caterina Sforza e Caterina de’ Medici, ma soprattutto Isabella d’Este marchesa di Mantova, che i profumi, nel suo rinomato laboratorio di profumeria, amava comporseli da sola mescolando le essenze.
In tutto questo, Venezia era una delle capitali. Qui venivano fatte arrivare le essenze più rare, da paesi lontanissimi e qui operavano celebri “essenzieri”: qui, non a caso, venne edito “I Notandissimi Secreti de l’Arte Profumatoria”, nel 1555, primo ricettario ufficiale dell’arte cosmetica.
Sei le sezioni. Si parte dal mondo dei profumi raccontato tramite l’archeologia, con una serie di reperti legati al mondo della profumazione (porta profumi provenienti dal Mediterraneo orientale, corredi romani, monili e oggetti da toeletta). Quindi il viaggio attraverso il secoli, con ricettari, farmacopee e libri di secreti. La terza sezione è quella dedicata alla storia del profumo, seguita dall’esame della cultura bizantina del profumo con corredo di materiale pubblicitario, etichette di saponi profumati, di acque di colonia, di brillantine, calendarietti profumati, delle ditte Bertelli, Sirio e Migone, dal 1880 al 1939. Si chiude con la stazione multimediale e il percorso olfattivo, sulle tracce dell’iris.
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