Quel tratto sinuoso di matita che lega eros e architettura

Dai “Modi” realizzati da Giulio Romano per Gonzaga ai fogli di Scarpa e Siza Francesco Dal Co porta in Querini Stampalia a Venezia cento opere, molte inedite
Di Silva Menetto

di Silva Menetto

La sottile linea che segna il passaggio dalla sensualità all’erotismo, passa anche attraverso un sinuoso tratto di matita sopra un foglio o un cartoncino da disegno: sono scherzi che la mano di un artista può creare a contatto col foglio di carta, in un rapporto strettissimo tra disegno, progetto, e piacere nel descrivere volumi, corpi e geometrie. Lo sapeva bene Giulio Romano (1499-1534), collaboratore di Raffaello, primo ispiratore della mostra “I Modi di Giulio Romano e i modi di Carlo Scarpa e Álvaro Siza”, da ieri e fino al 15 maggio alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia.

Sono circa 100 disegni che Francesco Dal Co, curatore della mostra, ha allestito nell’area scarpiana della Querini e portano la firma di due grandi dell’architettura contemporanea: Carlo Scarpa (1906-1978) e il portoghese Alvaro Siza (83 anni). Sono disegni molto particolari, che non erano stati mai esposti prima e provengono da collezioni private, a eccezione di quattro prestati dal Maxxi di Roma.

Era da molto tempo che nella mente di Dal Co risuonavano le parole di Manfredo Tafuri di fronte allo spettacolo degli affreschi di Palazzo Te, a Mantova. Il genio di Giulio Romano si era esplicitato in quei saloni in un trionfo di corpi sensuali dipinti in qualche caso anche in atteggiamenti amorosi. Impossibile non riallacciarsi ai “Modi”, ai lascivi disegni che lo stesso Giulio Romano aveva realizzato per il Gonzaga: sedici dipinti che ritraggono personaggi della classicità in altrettante posizioni erotiche. Da quei disegni l’incisore Marcantonio Raimondi ricavò nel 1524 delle stampe, raccolte nella serie conosciuta appunto come “I Modi” (De omnibus Veneris Schematibus) che riscossero subito molto successo, seppure diffusi in maniera clandestina.

Una saletta della mostra è dedicata a queste incisioni e alle riprese che ne fecero altri artisti dell’Ottocento. È esposta una copia del volume di sonetti licenziosi di Pietro Aretino illustrati con le incisioni di Raimondi, su cui l’architetto Alvaro Siza si è divertito a riprodurre a suo modo i vari atteggiamenti.

Un esercizio che non ha niente a che fare con la scabrosità dei soggetti ma piuttosto con lo studio dello spazio, dei volumi e dei corpi. I “modi” di Siza ricordano Picasso e Matisse, rendono con un tratto fluido del disegno tutta la sensualità insita anche nelle opere realizzate dall’architetto portoghese. Le forme allungate e distese dei corpi ritratti sembrano quasi sciogliersi nell’abbraccio di un eros ancestrale, mitologico.

Diversi invece i “modi” di Scarpa, che disegna con tratti nervosi, geometrici, e media anche l’eros attraverso strumenti architettonici. Così può accadere che un disegno che non lo soddisfa diventi altro, si trasformi in un’immagine scabrosa che però non si allontana mai dalla pratica dell’architettura, dalle geometrie.

La mostra è una riflessione sul rapporto tra l’architettura e il corpo, laddove lo studio dei volumi diventa anche uno studio sulla sensualità. Come per Giulio Romano i corpi di Palazzo Te creano le architetture degli interni, così anche i progetti architettonici di Scarpa e Siza racchiudono una sensualità innata.

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