Teatro Stabile del Veneto, i numeri sono da applausi
Alla chiusura dei termini di prelazione per la campagna abbonamenti 2025-2026, il botteghino del Tsv registra un’impennata del 21,2 per cento. Nuove strategie per avvicinare i giovani, tra cui un servizio di babysitter per le coppie con figli

I numeri, in certi casi, valgono come applausi. E allora un inchino al pubblico è dovuto. Filippo Dini e Claudia Marcolin – rispettivamente direttore artistico e direttrice generale del Teatro Stabile del Veneto presieduto da Giampiero Beltotto – si offrono a un virtuale passaggio sul palco per ringraziare. La notizia del giorno è che, alla chiusura dei termini di prelazione per la campagna abbonamenti 2025-2026, il botteghino del Teatro Stabile del Veneto registra un’impennata del 21,2 per cento.
Se per la scorsa stagione gli abbonati ai teatri di Padova, Treviso e Venezia erano 5.235, oggi – prima ancora che si apra la vendita delle nuove tessere – sono già 5.027. Per capire meglio: ogni 100 abbonati della scorsa stagione, 95 hanno ribadito la loro volontà di esserci. Padova ha visto aumentare del 30,4 per cento i fedelissimi, Treviso del 7 per cento e Venezia dell’11 per cento, con un incremento dei rinnovi online che nel complesso è cresciuto del 46 per cento.

Facile immaginare che il 23 ottobre, all’apertura del primo sipario con “Perfetti sconosciuti” in scena a Treviso («Una bella commedia, quella di cui c’è proprio bisogno ogni tanto», si lascia sfuggire il direttore artistico), ogni record di presenze sarà battuto. E questo, insieme al riconoscimento come quarto teatro nazionale e al fresco primato per la nomina del primo direttore junior (era un obbligo, ma nessuno si è affrettato come ha fatto lo Stabile del Veneto) spiega perché Dini e Marcolin gonfino il petto. Certo, senza esagerare, perché «c’è ancora tanto da fare». Ma se prima del Covid l’orizzonte era tra il cupo e l’incerto, oggi – cinque anni dopo – sembra un altro mondo.
Tutti gli indicatori puntano verso l’alto, i veneti – non solo i veneziani – stanno iniziando a scoprire e amare il teatro Goldoni (anche grazie al traino di “Titizè”). E i padovani hanno ottenuto un turno in più, perciò il Verdi sarà aperto anche di martedì, con duecento abbonati già pronti. «Come minimo pareggiamo i conti dell’anno scorso», commenta con prudenza Claudia Marcolin. «Stiamo raccogliendo i risultati di un lavoro di tre anni, soprattutto a Venezia dove abbiamo investito sulla varietà dell’offerta, sul coinvolgimento dell’area metropolitana e sulle strategie di vendita».
Pagano e pagheranno sempre di più - si può immaginare - le iniziative per portare in sala i ragazzi, gli universitari, anche quelli stranieri, perché nel capitolo dell’accessibilità c’è anche la novità dei sottotitoli in inglese. «L’80 per cento dei nostri abbonati ci chiede sostenibilità, ambientale, sociale. E poi inclusività e trasparenza», dice ancora Marcolin, che tra i nuovi spettatori vorrebbe vedere anche quei 30-45enni che mettono su famiglia e poi non riescono a uscire di casa la sera. «Per quelli che hanno figli piccoli proporremo un servizio di babysitter in teatro», annuncia. «Iniziamo da Padova».
Il Teatro Stabile del Veneto ribolle di idee e progetti, senza perdere di vista i traguardi più vicini. Filippo Dini, che il 4 novembre esordirà al Verdi insieme a Giuliana De Sio in una versione come minimo innovativa del Gabbiano di Čechov (il giovane regista Leonardo Manzan curerà la regia dello spettacolo che si sviluppa dentro lo spettacolo principale), confessa di dormire poco per l’impegno di questo lavoro.
Ma sembra sinceramente entusiasta quando racconta dei nuovi talenti che il teatro sa ancora proporre: «In giro vedo all’opera giovani drammaturghi bravissimi, che hanno idee e linguaggi innovativi, volontà e competenza. Il Gabbiano racconta un confronto generazionale che sento anche io verso di loro. Ecco perché siamo così attenti a dare voce ai giovani, con l’Accademia, con il teatro delle Maddalene come luogo di sperimentazione. C’è un teatro diverso da scoprire e proporre, parla una lingua e ha un gusto distante più di vent’anni da quello della mia generazione e gli va dato spazio. Anche per questo abbiamo voluto subito al lavoro il direttore junior».
Si parla di internazionalizzazione, di teatro senza confini. Lo Stabile - unico caso in Italia - cammina su tre gambe (la Pa-Tre-Ve qui funziona) ma guarda oltre il suo recinto e prepara, per esempio, una co-produzione della Locandiera di Goldoni con il Teatro nazionale di Dublino, in una versione riscritta dalla drammaturga Marina Carr. Ma anche a una co-produzione dell’Alcesti di Euripide che debutterà a maggio 2026 a Siracusa, per poi arrivare in Veneto. Dini è entusiasta del risultato ma anche del metodo: «Aprirsi, lasciarsi contaminare, adeguarsi agli altri, questo funziona. Vogliamo proseguire su questa strada».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova