Riviera del Brenta, lo spettacolo del fiume e delle Ville

Si naviga sul Burchiello come i nobili veneziani del passato. Quel “burcio bello” che li portava alle gioie della campagna

STRA (Venezia). “La Brenta, quasi borgo della città di Venezia, luogo di delizie de’ Veneti patrizi”: così titolava un suo saggio del 1697 l’erudito geografo Vincenzo Coronelli. Che sia stata sempre “ben frequentata”, da tanta nobiltà veneta ma anche da personalità come Casanova, Galileo, Byron e d’Annunzio; che sia stata dipinta da Tiepolo, Guardi e Canaletto; che l’abbiano celebrata Goethe, Goldoni e tanti altri ancora è cosa nota, per quel “luogo di delizie” che la Riviera del Brenta fu, soprattutto, tra il Cinquecento e il Settecento.

A diporto in città

Ma al francescano Coronelli, concentrato sui suoi rilievi cartografici più che sulle “delizie”, interessava descrivere il paesaggio dell’ultima appendice del fiume Brenta verso il mare, spesso definito anche una prosecuzione del Canal Grande. Tanto che annota: “Le rive da una e dall’altra parte di questo fiume sono tutte piene di palagi e le deliziose habitazioni de’ Nobili, e più opulenti cittadini, con Horti, Giardini, e ben popolati Villaggi, a segno tale, che chi naviga sopra di esso rassembra andare a diporto in mezzo ad una Città per il corso di 16 miglia che formano quasi un continuato Borgo”.



Un lungo borgo nel quale, rispetto alle architetture sul Canal Grande, è diverso il rapporto con l’acqua, da cui sono separate dalle strade che costeggiano il Naviglio. Inoltre, edifici residenziali anche sontuosi si alternano a opere idrauliche e opifici, soprattutto fornaci e mulini (a Dolo, nel Cinquecento, vi era il più grande complesso di mulini d’Europa), così come a fattorie e casoni (di cui si ha traccia fino ai primi decenni del Novecento) e anche case a schiera popolari, come le seicentesche ancor oggi presenti a Mira Porte, anche queste di sapore veneziano.

La Riviera del Brenta, insomma, non è la fitta successione di splendori del Canal Grande ma un paesaggio complesso, costruito intorno al fiume inteso come arteria viaria, forza idraulica, nutrimento delle campagne.



Vedere e farsi vedere

Le prime Ville delle famiglie patrizie veneziane furono realizzate già nel Quattrocento, dopo la fine dell’autonomia padovana e il passaggio della città e del suo territorio sotto il diretto controllo di Venezia (come Ca’ Gritti e Ca’ Badoer a Stra), poi divennero più numerose quando i veneziani dovettero reagire all’improvvisa perdita di prestigio, e di ricchezza, conseguente alla scoperta dell’America.

E, non da ultimo, quando poterono sostituirle alle fortificazioni appartenenti a Padova decretata dal Senato veneziano per archiviare definitivamente la Lega di Cambrai. All’inizio del Cinquecento, le tante e dolcissime anse del fiume, domate dall’ingegno idraulico dei veneziani, diventarono la scenografia ideale per insediare le loro “seconde case”, maestose e spesso in posizioni prospettiche favorevoli, da dove si può vedere ma anche farsi vedere. Ville corredate da ampi giardini, parchi, ampi viali, frutteti e broli dove crescevano essenze rare: oltre alle architetture anche il verde faceva parte integrante del cono visivo che il gusto veneziano disegnò di bellezza e armonia in un territorio che rappresenta un unicum nella splendente Civiltà delle Ville.

Ville da raggiungere, da Venezia o da Padova, con i “burci”, le grandi imbarcazioni da carico fluviale lagunare. Ma che, per venire incontro alle esigenze dei nobili “villeggianti”, furono presto adornate per far navigare confortevolmente anche gruppi numerosi: nacque il Burchiello, il “burcio bello”, che in alcuni tratti risaliva la corrente grazie al traino dei cavalli che procedevano lungo le rive. Così che un viaggio tra Venezia e Padova poteva durare 17 ore, anche quelle impiegate “con delizie”, tra musiche, giochi, chiacchiere e banchetti.

Fino all’inizio dell’Ottocento, le Ville lungo il Brenta continuano a fiorire e a gareggiare in bellezza, esternamente e anche internamente. Ma prima le crisi e poi la caduta di Venezia, ne trasferirono la proprietà a numerosi non veneziani, a volte anche stranieri.



Cento anni fatali

Subirono poi l’invasione delle truppe francesi e quindi austriache, che ne segnarono il degrado se non la rovina, come fu per palazzo Grimani a Fiesso, palazzo Tron a Dolo o palazzo Contarini a Mira. In alcune, per eludere una tassa austriaca sugli immobili di lusso, furono imbiancati gli affreschi esterni e altre corredate da molti campi furono trasformate addirittura in granai.

E poi arrivarono le distruzioni, dirette o indirette, delle guerre mondiali. Insomma: in poco più di cent’anni, si oscurò lo splendore di gran parte del patrimonio delle Ville del Brenta, testimoni e custodi di tre secoli di grandiosi progetti, preziose opere d’arte, sofisticati giardini ed echi di quelle “delizie”, ma anche di quel lavoro, che seppero rispondere a istanze economico-sociali creando un paesaggio che non è ardito definire unico al mondo. Così, negli anni Cinquanta, Giuseppe Mazzotti, autore del primo catalogo delle Ville Venete, di quelle lungo il Naviglio del Brenta scrisse: “Anche le più modeste conservano l’impronta dell’alta e serena civiltà di uomini che amarono la casa bella per sé stessi e per gli amici”. Aggiungendo, però: “ora sembrano malconci teatri vuoti in cui l’uomo moderno difficilmente trova il tempo di sostare”.



Poi, per fortuna, i tempi sono cambiati ancora, e negli ultimi decenni molto si è fatto per la valorizzazione del paesaggio della Riviera, nella sua interezza, per le sue bellezze naturali e per quelle create dall’uomo. —
 

La vista che scorre dall’acqua, poi le visite a parchi e saloni

Il Burchiello, evoluto in moderna imbarcazione con confortevole cabina e ponte panoramico, continua a solcare le acque del Naviglio del Brenta con regolari viaggi quotidiani da Venezia verso Padova e viceversa, con operatori che illustrano le varie Ville che scorrono sugli argini e proponendo anche la visita guidata delle più celebri. 
 
Per chi parte da Venezia, l’imbarco è in Riva degli Schiavoni, davanti alla Chiesa della Pietà. Dopo aver navigato nel Canale della Giudecca, il Burchiello lascia la Laguna a Fusina attraversando la Chiusa di Moranzani, anticamente una sorta di confine tra i territori della Serenissima e quelli di Padova. Poco dopo è prevista la prima sosta, per ammirare la monumentale eleganza della palladiana Villa Foscari, detta La Malcontenta, tipico esempio di villa tempio con il maestoso pronao che si specchia, fra i salici piangenti, nelle acque del canale.
 
 
Ancora oggi di proprietà privata dei discendenti dei Foscari, per gli escursionisti apre le porte del suo piano nobile, costituito da sei sale disposte intorno a una straordinaria sala a crociera centrale riccamente affrescata. La navigazione riprende tra borghi rivieraschi e ponti girevoli e, dopo la pausa per il pranzo a Oriago, riprende fino allo sbarco a Villa Widmann di Mira, oggi di proprietà della Provincia di Venezia. Oltre al suo splendido parco, si può ammirare all’interno il ciclo decorativo che celebra le glorie della famiglia Widmann, trapiantata a Venezia dalla Carinzia alla fine del Cinquecento, ricordata anche per aver commissionato molte commedie al grande Carlo Goldoni, incluso il celebre ciclo delle “Smanie per la villeggiatura”. 
 
Dal Brenta si ammirano anche Villa Corner, teatro di fastosi ricevimenti e della famiglia stessa (pare durassero anche 8 giorni) e Villa Foscarini, dove Lord Byron trascorse due anni (1817-1818). Tra anse verdeggianti e salici piangenti, tra celebri facciate e ponti girevoli, si attraversano la Chiusa di Mira e poi quella di Dolo, ammirando dall’acqua la sua riviera in tipico stile veneziano, con i mulini e lo squero scelti come soggetto da Canaletto e Guardi. Ancora tra Chiuse e Ville (sono trenta, quelle che presentano la facciata principale verso il fiume tra Mira e Stra) si arriva a Stra, dove la sontuosa Villa Pisani, Museo Nazionale, e il suo enorme parco sembrano distesi accanto al Naviglio per farsi ammirare.
 
Una nuova sosta consente di visitare almeno parzialmente il complesso (parco, scuderie e altre pertinenze), poiché i protocolli di sicurezza non consentono ai gruppi superiori a 12 persone di accedere alle sfarzose stanze del primo piano. L’ultimo reimbarco conduce a Noventa Padovana, passando davanti alla superba Villa Giovanelli; quindi, costeggiando le mura e i bastioni cinquecenteschi, si arriva all’approdo finale: la cinquecentesca scalinata del Burchiello al Portello, antico porto fluviale nel centro storico di Padova. (www.ilburchiello. it). 
 
 
LA STORIA
 
Una delle più grandi preoccupazioni della Serenissima fu preservare il delicato equilibrio delle acque a Venezia. La deviazione del corso finale del Brenta rientra tra le numerose modifiche idrauliche che impegnarono gli ingegneri veneziani per secoli, avvalendosi anche della consulenza di Leonardo Da Vinci, per realizzare un complesso sistema di argini, chiuse, dighe, canali e ponti mobili fino a farlo sfociare nell’Adriatico. Si venne così a creare il Naviglio del Brenta, o “Brenta Vecchia”, che parte da Stra e sfocia a Fusina e collega Stra a Padova. (larivieradelbrenta.it). 
 
IL SERVIZIO
 
Il moderno Burchiello, servizio di linea Gran Turismo dal 1960, propone la navigazione tra le Ville Venete della Riviera da Padova a Venezia e da Venezia a Padova a giorni alterni, da martedì a domenica, da marzo a ottobre di ogni anno, con guida professionista. Quest’anno le partenze sono solo al sabato e la domenica da Padova. La gira dura una giornata: chi ha meno tempo può scegliere la crociera di mezza giornata con imbarco o sbarco a Oriago e possibilità di bike&boat. Gli escursionisti devono provvedere in proprio al ritorno: ci sono bus di linea. (ilburchiello.it). 
 
IL PERCORSO
 
Il viaggio fluviale tra Venezia e Padova seguendo il percorso storico dei settecenteschi Burchielli veneziani, include il superamento di nove ponti girevoli e cinque Chiuse (dette anche Conche o Porte), veri e propri ascensori che congiungendo corsi d’acqua di diverse altezze permettono alle imbarcazioni di risalire o discendere il Naviglio del Brenta nonostante il dislivello di circa 10 metri tra Venezia e Padova. 
 

 

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