Coronavirus, il primario di Psichiatria di Padova: "L'isolamento crea malessere, i giovani ci chiedono aiuto"

PADOVA. L’isolamento imposto dall’emergenza Covid 19 sta avendo effetti negativi sulla salute mentale delle persone. Lo conferma la professoressa Angela Favaro del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova, direttrice della Clinica psichiatrica dell’Azienda ospedaliera. Aumentano le richieste di aiuto da parte dei pazienti già in carico, ma si sta registrando un incremento sensibile nelle richieste di prime visite. E se da una parte a soffrire dell’isolamento sociale sono tanti anziani soli, dall’altra si assiste a un numero sempre maggiore di giovani in crisi, sia con disturbi dell’umore, sia con disturbi dell’alimentazione. E in tutto questo la mancanza della scuola e del contatto con insegnanti e compagni gioca un ruolo cruciale. Infine, a chiedere aiuto al servizio di Psichiatria sono anche molti operatori sanitari, sopraffatti dallo stress.
Professoressa Favaro, come vi siete organizzati per affrontare questo periodo?
«Ci siamo ovviamente adeguati alle linee guida nazionali e regionali per l’ambito psichiatrico i cui servizi non possono essere sospesi vista la delicatezza delle situazioni. In reparto si usano i dispositivi di protezione, sia per gli operatori che per i pazienti a cui, all’ingresso viene anche misurata la temperatura. Alcune attività vengono svolte con modalità nuove, penso alla psicoterapia per via telematica, al telefono ma meglio ancora a video».
Riesce a essere efficace allo stesso modo?
«L’efficacia è comprovata, in altri Paesi sono modalità già molto più diffuse. Certo la via telematica non può essere sostitutiva in toto del rapporto diretto tra medico e paziente. Specie nei primi incontri è fondamentale vedersi di persona, tanto più per talune situazioni che richiedono anche una visita medica. Comunque in questa fase questa nuova modalità è stata strategica per non interrompere i processi psicoterapici. Consideriamo che noi siamo centro regionale per i disturbi alimentari, per la prevenzione delle psicosi, per i disturbi dell’umore e per gli studenti in crisi. Ciò significa che qui afferiscono numerosi utenti».
Non avete ridotto l’attività come molti altri reparti allora?
«Sia il reparto che gli ambulatori stanno lavorando a pieno regime: l’emergenza Covid 19 ha fatto aumentare il lavoro».
Chi sta risentendo maggiormente degli effetti di questa situazione?
«In realtà tutte le persone ne stanno risentendo in qualche misura, non è necessario che ci sia un problema psichico preesistente. Il fattore di rischio più importante è l’isolamento sociale che si riflette su chi vive da solo, come molti anziani, ma anche su chi fa abuso di sostanze, per maggiori astinenze. In Pronto soccorso interveniamo con una certa frequenza per pazienti con tendenze suicide: non ho una stima precisa dei dati per un raffronto con lo stesso periodo dell’anno scorso, ma l’impressione è che anche questi siano in aumento».
L’età più fragile?
«Per definizione l’età più a rischio per l’esordio di un problema psichiatrico è l’adolescenza o la post adolescenza, i giovani adulti. Stiamo assistendo per esempio ala richiesta di un numero crescente di prime visite per ragazzine con problemi dell’alimentazione: situazioni su cui incide certamente il fatto di essere confinati a casa, di non fare attività fisica e di accumulare tensioni».
La chiusura delle scuole è un elemento sfavorevole?
«Assolutamente, soprattutto nei più piccoli. Gli studenti universitari hanno un grado di indipendenza e capacità di adattamento che i bambini e i ragazzini non hanno. La scuola per i bambini non è solo didattica e apprendimento, ma è fondamentale come luogo di socializzazione, dove si impara a stare con gli altri e questo è un aspetto insostituibile. Credo che sia necessario trovare il modo per far riaprire le scuole al più presto. Una situazione come quella che stiamo vivendo può andar bene per un periodo breve in cui si può apprezzare un contato più stretto con la famiglia, nuove modalità di organizzarsi e di fare le cose, ma sul lungo periodo può essere dannosa».
Sono numerosi anche gli operatori sanitari che chiedono aiuto?
«Questa è un altra categoria indubbiamente sottoposta a grande stress in questo periodo. Insieme al servizio di Psicologia dell’Azienda abbiamo dedicato un numero di telefono dove possono fissare un colloquio, sia di persona che i via telematica. Le richieste sono numerose».
Partecipa anche lei all’indagine internazionale sugli effetti del Covid sulla salute fisica e mentale: quale sarà l’utilità di questo studio?
«Dopo la raccolta dei dati potremo capire quali sono gli effetti sul breve e sul lungo periodo, individuare le aree di maggiore vulnerabilità, così da poter potenziare i servizi in chiave preventiva. Sarà strategico in vista di una eventuale ondata di ritorno dell’epidemia». —
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