Elezioni regionali, il nome di Zaia entra nel simbolo. FdI pigliatutto: Venezia, Padova e Verona

Manifestazioni pro Pal e sciopero ritardano l’annuncio del candidato di centrodestra in Veneto.  Precluso il Giordani-ter, Soranzo o Gardini in corsa per la città del Santo. E De Poli alla finestra

Laura Berlinghieri
I leader del tavolo nazionale del centrodestra: la premier Giorgia Meloni e i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini
I leader del tavolo nazionale del centrodestra: la premier Giorgia Meloni e i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini

Il nome di Zaia inserito nel simbolo della Lega, spinto dall’insistenza degli eletti nella sua lista, cinque anni fa. E il nome del candidato della coalizione, che, invece, ancora tarda ad arrivare.

Il nome di Zaia nel simbolo

Quella di venerdì 3 ottobre è stata l’ennesima giornata di indugi e di silenzi. E di trattative, allora: per un Carroccio che, aspettando la benedizione del tavolo, non può far altro che lavorare alle sue liste, quantomeno per ottimizzare i tempi delle attese.

Con l’obiettivo di farsi trovare all’appuntamento elettorale nella migliore veste possibile: Stefani candidato, Zaia capolista – manca solo la ratifica del direttivo regionale – e il nome dell’attuale presidente inserito nel simbolo del partito. Con ogni probabilità, al posto dell’indicazione Salvini premier.

Qualsiasi mezzo, dunque, per convincere l’elettorato di centrodestra a dare ancora fiducia al Carroccio, preferendolo ai Fratelli d’Italia, altrimenti pigliatutto nelle passate elezioni politiche ed europee.

D’altra parte, sono i voti a determinare la spartizione dei seggi, in Consiglio regionale. Ed è sempre a partire dai voti che si determineranno gli equilibri, all’interno della Giunta. E dunque il Carroccio fa i compiti per casa, in attesa del suo momento di gloria, il cui orizzonte viene spostato di giorno in giorno un po’ più in là.

L’annuncio che non arriva

L’equipaggio di terra, che ha riempito le strade e le piazze dei colori della bandiera della Palestina. Gli scioperi. Ma pure il resto della politica locale: quella di Campania e Puglia, dove ancora il centrodestra cerca un accordo. E quindi, nonostante l’ennesimo confronto tra i leader nella tarda mattinata, nemmeno la giornata di ieri è stata quella della proclamazione di Alberto Stefani, candidato del centrodestra alle prossime elezioni regionali.

Ma, arrivati a questo punto, provare a indicare un qualsiasi giorno con anticipo sarebbe un azzardo, in un valzer delle attese sistematicamente tradite.

Eppure, il dado è tratto: questo, almeno, si racconta nei corridoi della politica. E infatti la Lega si sta già muovendo per il lancio della campagna elettorale e della lista di candidati a Padova: per questo ha opzionato il Gran Teatro Geox e la Fiera di Padova, come la Fiera di Verona, per una serie di sere delle prossime due settimane. Per la prenotazione vera e propria, però, si aspetta l’annuncio del nome.

E quindi il segretario della Liga veneta, e vice federale, Alberto Stefani candidato del centrodestra unito: Carroccio, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Udc, Noi moderati e, probabilmente, Indipendenza Veneta. Con contropartite che sono state sostanza viva delle trattative.

I due veri oggetti del do ut des, non è un mistero, sono il sostegno della Lega alla riforma elettorale voluta da FdI e la promessa dell’amministrazione lombarda ai meloniani.

La riforma elettorale

Riguardo alla prima questione, Meloni preme per il ritorno al proporzionale puro, con premio di maggioranza da una certa soglia (si ragiona sul 40-50%) e obbligo di indicare il candidato premier sulla scheda. Un’anticipazione del premierato, che, con l’eliminazione dei collegi uninominali – il 37% del totale, ora – andrebbe a favorire il primo partito della coalizione a scapito degli altri.

La Lombardia a Fratelli d’Italia

Quanto alla Lombardia, la strategia è nota: l’anticipazione del voto di un anno, al 2027, con l’avvio della campagna elettorale già nel 2026. Uno schema che difficilmente risulterà indolore, considerando l’intransigenza dei leghisti lombardi. Ma, dall’altra parte, c’è chi preme sull’eterogeneità dell’attuale Consiglio regionale dove siede Fontana, che già vede la Lega marginalizzata, nell’ambito della coalizione.

Venezia: Speranzon o Venturini

Le altre partite, poi, sono quelle amministrative, con i partiti che hanno già iniziato ad avanzare le rispettive rivendicazioni. La prima città al voto sarà Venezia, nella primavera 2026, dove il sindaco uscente, Luigi Brugnaro – peraltro indagato nell’ambito dell’inchiesta Palude – giunto alla fine del suo secondo mandato, non si potrà più ricandidare.

A lungo si era parlato dell’ipotesi Luca Zaia, ma era una suggestione già debole all’inizio, e destinata a crollare definitivamente, con la concessione della Regione alla Lega. E allora, nel fronte del centrodestra, il partito in pole è FdI. Col vicecapogruppo al Senato Raffaele Speranzon, che, sfiorata la candidatura a palazzo Balbi, potrebbe essere dirottato su Ca’ Farsetti.

Ostacoli? Il giovane Simone Venturini, braccio destro di Brugnaro nei suoi 10 anni di amministrazione, sfruttati per farsi conoscere dal territorio. Moderata, la sua potrebbe essere una candidatura speculare a quella dem, col segretario Andrea Martella. Ma, prima, sarà necessario convincere i Fratelli: intanto, a tesserarlo, poi ad assecondarne la corsa, con blocchi di partenza tuttora all’esterno del recinto del partito.

Padova: le mire di Fratelli d’Italia

C’è poi Padova, al voto nel 2027; anche in questo caso, senza la possibilità per l’attuale sindaco Sergio Giordani di ricandidarsi. Ci vuole provare FdI, che, dopo il naufragio del 2022 con Francesco Peghin, punta a piazzare la sua bandiera anche all’ombra del Santo. I nomi in corsa: l’ex forzista Elisabetta Gardini e il consigliere regionale ed ex sindaco di Selvazzano Enoch Soranzo.

Ma c’è chi dice che, in città, un partito come FdI abbia poche chance; e allora Antonio De Poli (Udc) – il famoso profilo moderato, che tanto piace al Veneto – è alla finestra. Dall’altra parte, invece, in pole c’è l’attuale vicesindaco Andrea Micalizzi, candidato al Ferro-Fini. Ma, nel solco dell’esperienza Giordani, potrebbe farsi avanti un nuovo nome della famosa società civile: Luciano Greco, presidente dell’Interporto.

Verona

Infine Verona, che a sua volta andrà al voto nel 2027, potendo ricandidare l’attuale primo cittadino Damiano Tommasi. Ma c’è chi suggerisce che la corsa regionale di Gianpaolo Trevisi, direttore della Scuola di polizia di Peschiera, sia propedeutica alla sua candidatura a palazzo Barbieri, tra due anni.

Quanto al centrodestra, le mire del coordinatore di Forza Italia Flavio Tosi sono note; e Antonio Tajani avrebbe formalizzato la richiesta al tavolo, in cambio del benestare al nome per la Regione.

Ma FdI – che, proprio a Verona, confida nel risultato migliore alle regionali: quattro seggi – non sente ragioni, anche perché la scissione del 2022 è ancora una ferita aperta. E, allora, sciolto un nodo (ma nemmeno del tutto), ecco tutti gli altri. —

 

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