Il denaro e i documenti nelle stanze segrete

Scoperte dai finanzieri grazie a un cavo fantasma, vi si poteva accedere solo con un telecomando
Di Giorgio Barbieri
Un'immagine tratta da un video diffuso dalla Guardia di Finanza di Treviso che documenta la scoperta di una sorta di stanza 'segreta', con l'entrata nascosta da un mobile nei locali di due società operanti nel settore del mobile che, tra il 2004 ed il 2011, hanno evaso ricavi per oltre 100 milioni di euro ed IVA per 32 milioni, impiegando irregolarmente 434 lavoratori, di cui 13 completamente in nero. Quando le Fiamme Gialle hanno iniziato le verifiche fiscali presso le aziende hanno notato un cavo elettrico che fuoriusciva dal muro vicino ad un appendiabiti e, nell'altro caso, sempre un appendiabiti attaccato al muro in posizione non utile al suo utilizzo. Insospettiti, i Finanzieri hanno scoperto che i due accessori nascondevano, in realtà, le porte di accesso ai vani in cui era tenuta la vera contabilità delle aziende; in un caso un telecomando faceva scattare una serratura elettromagnetica per l'apertura dell'attaccapanni, che nascondeva una vera e propria stanza, nell'altro caso la chiave di apertura era camuffata dal pomello dell'attaccapanni. ANSA / GDF
Un'immagine tratta da un video diffuso dalla Guardia di Finanza di Treviso che documenta la scoperta di una sorta di stanza 'segreta', con l'entrata nascosta da un mobile nei locali di due società operanti nel settore del mobile che, tra il 2004 ed il 2011, hanno evaso ricavi per oltre 100 milioni di euro ed IVA per 32 milioni, impiegando irregolarmente 434 lavoratori, di cui 13 completamente in nero. Quando le Fiamme Gialle hanno iniziato le verifiche fiscali presso le aziende hanno notato un cavo elettrico che fuoriusciva dal muro vicino ad un appendiabiti e, nell'altro caso, sempre un appendiabiti attaccato al muro in posizione non utile al suo utilizzo. Insospettiti, i Finanzieri hanno scoperto che i due accessori nascondevano, in realtà, le porte di accesso ai vani in cui era tenuta la vera contabilità delle aziende; in un caso un telecomando faceva scattare una serratura elettromagnetica per l'apertura dell'attaccapanni, che nascondeva una vera e propria stanza, nell'altro caso la chiave di apertura era camuffata dal pomello dell'attaccapanni. ANSA / GDF

TREVISO. Una camera segreta alla quale si poteva accedere solamente con un telecomando. Un sofisticato sistema d’allarme, collegato direttamente alla reception dell’azienda, per essere avvisati di eventuali visite a sorpresa da parte della Guardia di Finanza. Tutto questo per nascondere centinaia di migliaia di euro in contanti e documenti contabili all’interno di diverse casseforti, custodite in un vero e proprio caveau, costruito da artigiani di fiducia nella sede della Jesse di Francenigo. Un sistema altamente sofisticato, scoperto, per ironia della sorte, grazie al semplice cavo di una ciabatta, senza spine collegate.

Il caveau. Una stanza high-tech costruita per nascondere denaro contante ed evadere il fisco. I finanzieri intervenuti non si aspettavano di scoprire uno spazio così sofisticato dietro un banalissimo specchio, che poteva essere aperto solamente con un telecomando. «La verità è emersa grazie alla particolare attenzione di uno dei finanzieri intervenuti», ha spiegato ieri il colonnello Giuseppe De Maio. Il militare, mentre cercava di capire dove portasse il cavo che spuntava da una parete, ha notato le cerniere nascoste dietro lo specchio. E ha immediatamente capito che là dietro c’era una camera nascosta.

I contanti. All’interno della stanza c’erano ben cinque casseforti. Su una di queste c’era anche una luce rossa. Dopo un breve controllo, si è scoperto che questa era collegata con un bottone presente su un tavolo all’ingresso dell’azienda di via Per Sacile 75 a Francenigo. Nell’eventualità di una visita a sorpresa da parte della Guardia di Finanza, la persona all’ingresso avrebbe dovuto dare l’allarme a chi si trovava all’interno del caveau, in modo tale da nascondere il contante e i documenti contabili. Questi erano contenuti all’interno delle casseforti. I finanzieri sono riusciti a recuperare un sacchetto arancione con sopra scritto in pennarello nero «300.000». All’interno le banconote per l’esatto ammontare della cifra. Ma non è finita: decine di anonime buste bianche erano nascoste in un altro sacchetto. Contenevano, ciascuna, migliaia di euro in tagli da 50 euro. Gli investigatori sospettano che si tratti dei soldi per i pagamenti in nero.

La botola. Se alle Jesse i finanzieri si sono imbattuti in un sistema altamente sofisticato, alla Mario Zaccariotto Spa di Gaiarine hanno trovato un nascondiglio più rudimentale. I militari hanno scoperto che un appendiabiti, posizionato dietro una scrivania, serviva solamente come falsa parete per nascondere un buco nel muro. Qui c’erano due cassetti con all’interno contanti e documenti contabili.

Le difese. Entrambi gli imprenditori sono difesi dall’avvocato Loris Tosi, professore ordinario di Diritto tributario a Ca’ Foscari: «Le cifre di cui si sta parlando sono ancora tutte da verificare. La Finanza parla di un’evasione di 100 milioni di euro, assolutamente sproporzionata per due aziende del genere».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova