Il Pd: «Un fondo regionale contro la violenza di genere»

La ricetta dem per contrastare il fenomeno: sportello unico, case rifugio, formazione e monitoraggio. Manildo: «Stefani condivide le nostre proposte, osteggiate dai suoi negli anni». Moretti: «Candidato giusto e coalizione ampia, Giovanni farà più di me»

Rocco Currado
Longhi, Manildo, Moretti
Longhi, Manildo, Moretti

Un fondo regionale per la prevenzione della violenza di genere e per l’autonomia delle vittime. È la proposta centrale del pacchetto di misure presentato dal Partito Democratico e dal suo candidato presidente della Regione, Giovanni Manildo, spalleggiato dall’eurodeputata dem Alessandra Moretti.

«La violenza sulle donne è una tragedia quotidiana che chiama la politica alla responsabilità», sostiene il frontman del centrosinistra, con l’ambizione di cambiare paradigma: «La Regione deve diventare un presidio attivo di prevenzione, educazione e sostegno, per questo servono più finanziamenti e proporrò l’istituzione di un fondo regionale che ci permetterà di prevenire, proteggere e accompagnare all’autonomia: è così che costruiremo una società più giusta e un Veneto più umano».

Il fondo, finanziato con risorse regionali e europee, avrebbe tra i suoi cardini la creazione di uno sportello unico regionale h24 e multicanale per le vittime di violenza. Un altro pilastro della proposta è la formazione obbligatoria per tutti gli operatori pubblici del territorio – dal personale sanitario alla polizia locale, dalle scuole ai servizi sociali – per riconoscere precocemente i segnali di violenza e intervenire in modo coordinato.

Sul fronte educativo, il programma prevede un’alleanza tra scuole, università e imprese per un piano regionale di educazione alle relazioni tra generi, al consenso, al rispetto. Un ulteriore tassello riguarda la diffusione di case-rifugio protette anche nei territori minori e montani. Infine, il monitoraggio costante e trasparente di tutti i casi di violenza.

Tra i punti programmatici di Manildo figura anche l’introduzione dello psicologo di base, misura che compare pure nel programma del candidato leghista Alberto Stefani. «Fa piacere che Stefani condivida molte proposte del Pd, ma sono le stesse che i partiti che lo sostengono hanno sempre osteggiato», è l’ironia amara dell’ex sindaco di Treviso.

Al suo fianco l’europarlamentare vicentina che dieci anni fa tentò la corsa a palazzo Balbi. «A Giovanni auguro di fare meglio di me, è il candidato giusto, sostenuto da una coalizione molto più ampia», nota Moretti, soffermandosi poi sull’urgenza di misure più efficaci nella lotta alla violenza di genere: «Le misure di prevenzione hanno dimostrato di non funzionare, serve la custodia cautelare in carcere per chi è dichiaratamente un pericolo sociale. E serve formazione a tutti i livelli: dagli adolescenti agli operatori sociali, fino ai giudici perché troppo spesso una cultura patriarcale genera sentenze che colpevolizzano le donne che hanno subito violenza».

Secondo l’eurodeputata, la Regione deve investire maggiormente nei servizi di accoglienza. «In Veneto servirebbero almeno 120 centri antiviolenza, ma ce ne sono solo 30», denuncia.

Si tratta di interventi non più differibili, secondo Moretti, «poiché ormai i femminicidi rappresentano una guerra contro i corpi delle donne, contro le vite delle donne», rimarca auspicando strumenti nuovi: «Non basta la severità delle pene, non bastano nuove forme di reato, serve investire nella formazione, educare al consenso».

Sulla stessa linea la portavoce delle Democratiche del Veneto, Claudia Longhi, che interpreta l’aumento delle aggressioni come una reazione «all’assertività delle donne e alla loro ricerca di autodeterminazione».

A ricordare quanto è stato fatto nella legislatura che si chiude è invece la capogruppo dem a palazzo Ferro Fini, Vanessa Camani: «Abbiamo approvato la legge sull’Osservatorio regionale, incrementato i fondi destinati alla rete antiviolenza e alla formazione dei docenti, e promosso iniziative simboliche come l’installazione di una panchina rossa nel cortile del Consiglio».

Un impegno che, nelle intenzioni del centrosinistra, ora vuole tradursi in un piano strutturale, finanziato e misurabile per dire stop alla violenza sulle donne.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova