L'Antimafia: la ricchezza diffusa attrae le mafie verso il Veneto
VENEZIA. Pubblichiamo di seguito la parte relativa al veneto della relazione semestrale al Parlamento della DIA, la Direzione investigativa antimafia. E' il rapporto relativo al primo semestre del 2018-
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Il Veneto è caratterizzato da un tessuto economico ed imprenditoriale molto sviluppato. Sul territorio si registra, infatti, la capillare presenza di piccole e medie imprese, la cui esistenza e prosperità è correlata anche ad importanti snodi di comunicazione, quali il porto di Venezia-Marghera e gli aeroporti internazionali “Venezia-Marco Polo” e “Verona-Valerio Catullo”.
La ricchezza diffusa costituisce, pertanto, una potenziale attrattiva per la criminalità mafiosa, principalmente interessata a riciclare e reinvestire capitali illeciti 759.
Sul piano generale resta costante la commissione di reati predatori, non di rado agevolati dalla presenza, nella regione, di “basisti”. In molti casi, infatti, gli autori di rapine a filiali bancarie, oreficerie ed altri obiettivi ritenuti d’interesse attuano un vero e proprio “pendolarismo criminale”, soggiornando sul territorio il tempo utile per realizzare l’azione criminale.
La presenza e i potenziali interessi, nella regione, da parte di soggetti malavitosi anche collegati alle organizzazioni mafiose del sud Italia, non solo hanno trovato conferma in diverse indagini 760, ma sono stati ribaditi anche dalla “Commissione parlamentare antimafia” che, nella sua “Relazione conclusiva”, ben evidenzia il pericolo di infiltrazioni nel Triveneto:
“…La presenza delle mafie in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige non appare così consolidata e strutturata come nelle regioni del nord ovest, ma diversi elementi fanno ritenere che siano in atto attività criminali più intense di quanto finora emerso perché l’area è considerata molto attrattiva…”761.
Un’attenzione che viene anche dagli Organi di governo regionale: il 19 maggio 2017 si è ufficialmente insediato, presso il Consiglio regionale, l’“Osservatorio per il contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa e la promozione della trasparenza” 762.
Per quanto attiene alla provincia di Venezia è da rammentare, in primo luogo, come qualificate attività investigative, ancorché risalenti nel tempo, abbiano evidenziato l’interesse di elementi riconducibili a cosa nostra nel riciclaggio di capitali nel settore immobiliare 763.
Sempre con riferimento al capoluogo va, poi, ricordata l’influenza che è stata esercitata dalla presenza di un’organizzazione criminale autoctona, la cosiddetta “mala del Brenta”. Sotto il profilo storico va, infatti, considerato che tale organizzazione, oggi disarticolata, è stata particolarmente attiva per lungo tempo, grazie anche alle «buone relazioni» a suo tempo instaurate dal leader, con esponenti di primo piano di altre organizzazioni mafiose italiane. Al riguardo, proprio il vecchio capo è tornato in evidenza per il fatto che è stato scoperto un patrimonio occulto, a lui riconducibile, gestito da prestanome, i quali si erano adoperati per acquistare immobili in Toscana 764, potendo contare su una pluralità di rapporti finanziari, anche svizzeri.
Ad oggi non deve, inoltre, essere sottovalutata la presenza sul territorio di numerosi pregiudicati già inseriti nel citato sodalizio che, dimoranti tra le province di Venezia e Padova, sebbene non più organizzati come nel passato, esprimono tuttora una notevole propensione a delinquere.
Per quanto attiene al restante territorio regionale, sono stati evidenziati ciclici collegamenti della criminalità locale con la ‘ndrangheta, in particolare per i traffici di sostanze stupefacenti, nonché per il reimpiego di capitali illeciti in attività imprenditoriali, specificamente nella ristorazione, nella ricezione alberghiera e nell’autotrasporto.
La presenza di soggetti collegati alle consorterie criminali - soprattutto calabresi - trova infatti riscontro nelle attività investigative coordinate sia dalle competenti Autorità giudiziarie venete, sia dalle Procure della Repubblica di altre regioni 765.
Un esempio significativo in tal senso è quello relativo all’operazione “Fiore Reciso” 766, nel cui ambito la DIA 767 ha eseguito, nel gennaio 2018, una misura restrittiva nei confronti di 16 persone, indagate per associazione per delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, al riciclaggio, all’autoriciclaggio, allo spaccio e al traffico di sostanze stupefacenti768. L’attività di investigazione, avviata nel 2015, ha fatto emergere l’operatività di un sodalizio, riferibile ad esponenti delle famiglie GIGLIO di Strongoli (KR) e GIARDINO di Isola Capo Rizzuto (KR). Costoro, grazie ai proventi derivanti dalle false fatturazioni, non solo acquistavano droga, ma alimentavano diverse attività strumentali alla conduzione delle aziende.
Un capannone sito in provincia di Padova, a Vigonza precisamente, veniva utilizzato sia come magazzino, per l’attività svolta dalla dita titolare del fabbricato attiva nel settore edile, sia quale luogo di custodia degli stupefacenti e dell’attrezzatura per il taglio e il confezionamento, nonché di armi e munizioni.
Le condotte di riciclaggio e autoriciclaggio venivano, invece, agevolate da alcuni dipendenti di un istituto di credito padovano, “ricompensati” con cospicue somme di denaro. Contestualmente agli arresti, è stato eseguito il sequestro di beni mobili e immobili per un valore complessivo di oltre 800 mila euro. Inoltre, a 3 degli arrestati, già colpiti da provvedimento restrittivo nell’ambito dell’ operazione “Stige” 769, è stato contestato “...[di] aver preso parte, ognuno con il proprio ruolo… ad una associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico… articolazione del più ampio locale di ‘ndrangheta cirotano… allo scopo di acquisire, mantenere, rafforzare ed estendere il controllo anche economico dell’area territoriale sopra definita, nonché al Nord Italia e all’Estero, attraverso la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici…in particolare in Toscana, Umbria e Veneto, come anche all’estero, in particolare in Germania, mediante l’utilizzo di imprese “pulite” ma riconducibili alla famiglia…[servendosi] in ciò di loro referenti territoriali…uomini di fiducia della cosca sul territorio padovano” garantendo così il “...supporto logistico ed economico alla famiglia”, investendo “...denaro per l’apertura o l’acquisizione di nuove attività imprenditoriali nelle zone del padovano quali ad esempio una società immobiliare, una società che fornisse la security per i locali del padovano, nel settore della panificazione…”.
Altra evidenza circa l’operatività delle ‘ndrangheta è emersa, nel marzo 2018, nell’ambito dell’operazione “Picciotteria 2” della Guardia di finanza, che ha eseguito, su varie parti del territorio regionale, una misura restrittiva 770 nei confronti di 16 soggetti, facenti parte di un’organizzazione criminale legata alle cosche di Africo (RC), a vario titolo ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina dal sud America, riciclaggio ed autoriciclaggio.
Tra i soggetti coinvolti figurano un elemento di spicco della ‘ndrina MORABITO di Africo ed un esponente della cosca VADALÀ di Bova Marina (RC) 771, quest’ultimo emerso anche nel contesto relativo all’efferato omicidio del reporter Jan KUCIAK e della sua compagna, avvenuto nel mese di febbraio 2018 a Bratislava (Repubblica Slovacca), ove la predetta cosca avrebbe trasferito i propri interessi economici attraverso la costituzione di diverse società.
È, invece, del successivo mese di aprile l’operazione “Ciclope” 772, condotta dalla Guardia di finanza. L’attività investigativa si è conclusa con l’arresto di 17 persone, facenti parte di un’associazione criminale operante nel settore delle frodi fiscali e del riciclaggio, costituita, promossa e organizzata da un imprenditore, originario di Melissa (CZ). Lo stesso, da tempo trasferitosi nella provincia di Verona, aveva ivi intrapreso un’importante attività economica nel settore del commercio di inerti e dell’autotrasporto, mantenendo stretti legami con pregiudicati calabresi.
In particolare, è stata evidenziata la contiguità con un soggetto originario di Cutro (KR), anch’esso raggiunto dalla citata misura restrittiva, promotore ed organizzatore dell’associazione, con compiti di reclutamento. Contestualmente, è stato eseguito il sequestro preventivo di un patrimonio del valore di circa 12 milioni di euro. Tentativi di infiltrazione dell’economia legale sono stati registrati anche da parte di soggetti riconducibili a cosa nostra. In tale contesto significativa è stata l’attività di prevenzione che ha determinato l’emissione, da parte della Prefettura di Verona, di alcune interdittive antimafia 773.
Nella regione operano anche referenti di clan camorristici, anch’essi prevalentemente attivi nel riciclaggio di capitali illeciti 774, sebbene evidenze investigative pregresse abbiano rilevato la consumazione, da parte di affiliati a gruppi originari della Campania, anche di altri reati tipici di quelle organizzazioni (estorsioni, usura, commercializzazione di beni contraffatti). Il territorio costituisce, peraltro, anche area di smercio di stupefacenti importati in Italia dai sodalizi di origine campana 775.
A ciò si aggiunga come diversi arresti di latitanti, susseguitisi nel tempo, abbiano dato conferma del fatto che anche il Veneto, al pari di altre regioni del nord Italia, sia considerato un’area ove trovare rifugio ed assistenza. Tra i gruppi più attivi sul territorio figurano i CASALESI. La loro presenza è stata giudiziariamente affermata dalla Corte di Cassazione nel 2015, con le condanne definitive, conseguenti all’operazione “Serpe”, di soggetti legati a quel sodalizio. L’indagine 776, sviluppata dalla DIA sotto il coordinamento dalla DDA di Venezia, ha fatto luce sull’esistenza di un’associazione di tipo mafioso dedita ai reati di estorsione, usura e sequestro di persona.
La stessa articolazione della DIA, il 25 gennaio 2018, ha localizzato in Messico, a Tijuana, dove viveva da anni con la famiglia e gestiva un’attività commerciale di ristorazione, un pregiudicato, latitante dal maggio 2007, ricercato per l’esecuzione di una condanna comminatagli dal Tribunale di Verona. Le accuse a suo carico riguardavano i reati di estorsione ed usura, commessi nelle province di Verona e Brescia, tra il 2005 e il 2009, nei confronti di numerosi commercianti del settore dell’abbigliamento, per conto del cartello napoletano noto come “Alleanza di Secondigliano” 777, in particolare del clan LICCIARDI.
In tutta la regione il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti restano, inoltre, tra le principali manifestazioni della criminalità comune, con il coinvolgimento anche di stranieri. Al momento, non si rilevano collegamenti tra sodalizi di origine extracomunitaria (per lo più dediti a reati contro il patrimonio, ai traffici e allo spaccio di stupefacenti, nonché allo sfruttamento della prostituzione) ed organizzazioni mafiose italiane.
I sodalizi stranieri più attivi continuano ad essere quelli di origine nigeriana, nordafricana, dell’est Europa, cinesi e sudamericani. La criminalità nigeriana, in particolare, manifesta una più evidente aggressività, operando, oltre che nello sfruttamento della prostituzione, anche nei traffici di eroina, cocaina, dei cannabinoidi e delle droghe sintetiche.
Tipica, invece, della criminalità cinese è la propensione ad inserirsi nel tessuto economico attraverso, ad esempio, il commercio di merce contraffatta. Essa si serve, peraltro, del c.d. sistema delle “cartiere”, società di comodo appositamente create per predisporre documentazione fiscale falsa. Ne è un esempio l’operazione “Dragone” 778 eseguita dalla Guardia di finanza nel marzo 2018, a Treviso, con l’arresto di un imprenditore cinese, indagato, insieme ad altri 41 soggetti, per emissione di fatture per operazioni inesistenti. La frode aveva generato un volume di fatture per un valore di circa 3 milioni di euro, con un’evasione di IVA per oltre 500 mila euro. Vanno, inoltre, segnalati alcuni tentativi di riciclaggio ad opera di gruppi cinesi, anche in connessione con cittadini italiani 779.
Si registra, ancora, una non trascurabile incidenza del fenomeno dello sfruttamento della manodopera, che si verifica soprattutto in agricoltura, ad opera sia di singoli imprenditori del settore 780 che di vere e proprie organizzazioni dedite all’intermediazione illecita della manodopera stessa 781.
Il delicato settore dei rifiuti, infine, è stato negli ultimi tempi caratterizzato da alcuni incendi, che hanno danneggiato le strutture di stoccaggio e smaltimento 782. Un settore su cui deve rimanere alta l’attenzione, in quanto fortemente esposto alle mire imprenditoriali della criminalità organizzata.
Il grafico che segue evidenzia i reati sintomatici di criminalità organizzata registrati in Veneto nel primo semestre del 2018:
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Note a margine
759 In tale ambito si rileva che, nel settembre 2017, la Prefettura di Verona ha emesso un’interdittiva antimafia nei confronti di una società operante nel settore del commercio all’ingrosso di pellet ed imballaggi, il cui socio unico è risultato essere il nipote di un soggetto condannato per associazione di tipo mafioso, nonché già autista di un noto boss di San Giuseppe Jato (PA). Nel successivo dicembre 2017, la citata Prefettura ha emesso un ulteriore provvedimento interdittivo nei confronti di una società di trasporti, sempre riconducibile al predetto imprenditore.
760 Si ricorda, a titolo esemplificativo, che: nel febbraio 2012 il Tribunale di Palermo ha disposto la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno nel comune di Padova, nei confronti del figlio di un noto boss, già ai vertici di cosa nostra; nel giugno 2016, a Mestre (VE), nell’ambito dell’operazione “Apocalisse”, coordinata dalla DDA di Palermo, che ha attinto la famiglia dell’Acquasanta (denominazione che trae origine dall’omonimo quartiere del Capoluogo siciliano), è stato, quindi, tratto in arresto un pregiudicato palermitano, a propria volta figlio di un noto soggetto condannato per associazione mafiosa. Il predetto, già ai vertici della citata famiglia, sottoposto al regime della sorveglianza speciale di P.S. e domiciliato in provincia di Venezia in quanto colpito da un precedente provvedimento di divieto di dimora nella città natale di Palermo, è stato ritenuto responsabile di associazione di tipo mafioso, estorsione e riciclaggio: ciò in quanto, secondo l’impianto accusatorio, risultava ivi dedito alla “ripulitura” ed immissione nei circuiti economici legali dei proventi di reato rivenienti dalle illecite attività compiute, sul territorio siciliano, dal sodalizio d’appartenenza.
761 Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere”, Relazione Conclusiva, n.38, 7 febbraio 2018, pag. 150.
762 Istituito ai sensi dell’art. 15 della legge regionale n. 48 del 28 dicembre 2012.
763 In tale ottica va ricordato, come dato storico, l’inchiesta denominata “Adria Docks” - coordinata dalla Procura della Repubblica di Palermo e conclusa dalla Guardia di finanza nel settembre 2008 - che ha evidenziato il tentativo di riciclaggio operato da soggetti riconducibili ai palermitani “LO PICCOLO” attraverso un progetto di investimento immobiliare del valore complessivo di circa 8 milioni di euro, da realizzarsi in località Isola dei Saloni, presso Chioggia Sottomarina (VE).
764 Il 26 marzo 2018, la Guardia di finanza, nell’ambito del procedimento penale n. 2727/16 instaurato presso la DDA di Venezia, ha eseguito un provvedimento di confisca di tre immobili di pregio situati nelle province di Lucca, Pisa e Firenze, riconducibili al noto boss della “mala del Brenta”, per un valore stimato intorno ai 4,5 milioni di euro. Il provvedimento ha confermato il sequestro di prevenzione degli stessi beni immobili già eseguito il 17 gennaio 2017, allorquando era stata data esecuzione anche ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti due soggetti, un prestanome e un promotore finanziario, nonché ad un sequestro preventivo “per equivalente” di beni e disponibilità finanziarie per oltre 17 milioni di euro.
765 Si sono avute evidenze circa la presenza di aggregati criminali di Delianuova (RC), Filadelfia (VV), Africo Nuovo (RC) e Cutro (KR). In quest’ultimo caso sono stati segnalati soggetti referenti della ‘ndrina GRANDE ARACRI. Tali affermazioni trovano riscontro anche nella recentissima (gennaio 2018) operazione “Stige” coordinata dalla DDA di Catanzaro (p.p. 3382/15 RGNR e 2600/15 RG GIP), nel cui ambito risultano coinvolti anche tre soggetti, residenti in Veneto, contigui alla cosca GIGLIO di Strongoli (KR).
Sono, inoltre, emersi, nell’operazione “Jonny”, del maggio 2017, interessi riconducibili agli ARENA ed ai NICOSCIA di Isola Capo Rizzuto
(KR): tali interessi, relativi ad investimenti nel settore delle scommesse on-line (per il tramite di una società operante in tale ambito) con punti gioco a Crotone, Prato, Bologna, Milano ed a Verona, venivano gestiti per il tramite di alcuni soggetti contigui, residenti anche nel territorio della citata provincia veneta.
766 P.p. 3378/16 - OCC 7626/16 GIP della Procura della Repubblica Tribunale di Padova, eseguita il 22 gennaio 2018.
767 Coadiuvata, nella fase esecutiva, dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei carabinieri e dalla Guardia di finanza.
768 Altri 4 soggetti, indagati a piede libero, devono invece rispondere del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false.
769 P.p. 3382/15 RGNR e 2600/15 RG GIP di Catanzaro.
770 OCC n. 10538/14 GIP del Tribunale di Venezia (p.p. 902/14 DDA), eseguita il 13 marzo 2018, prosieguo dell’operazione “Picciotteria” del 2015,.
771 Poi estradato, il 15 maggio 2018, dalla Repubblica Slovacca verso l’Italia.
772 P.p. 3938/2015 RGNR, OCC n. 1190/2016, GIP 16/2017 del Tribunale di Crotone, eseguita il 26 aprile 2018.
773 In tale ambito si rileva che, nel corso del 2018, la Prefettura di Verona ha emesso tre distinti provvedimenti di interdittiva antimafia nei confronti di altrettante società - operanti nei settori degli autotrasporti e della gestione di distributori di carburante - tutte riconducibili ad una famiglia i cui componenti, gravati da precedenti per associazione di tipo mafioso, originari di Roccamena (PA), attualmente dimorano in modo stabile in Veneto. Appena più risalente nel tempo è l’analoga attività di prevenzione sviluppata, sempre dalla Prefettura di Verona che, nel settembre 2017, aveva emesso un’interdittiva antimafia nei confronti di una società operante nel settore del commercio all’ingrosso di pellet ed imballaggi, il cui socio unico è risultato essere il nipote di un soggetto condannato per associazione di tipo mafioso, nonché già autista di un noto boss di San Giuseppe Jato (PA). Nel successivo dicembre, la citata Prefettura ha emesso un ulteriore provvedimento interdittivo nei confronti di una società di trasporti, sempre riconducibile al predetto imprenditore.
774 Un sequestro preventivo, eseguito nel giugno 2017 (Decr. seq. prev. n. 17785/14 PM, datato 12 maggio 2017, GIP del Tribunale di Napoli), di alberghi gestiti da esponenti del clan MALLARDO di Giugliano in Campania (NA), ha evidenziato investimenti del suddetto sodalizio oltreché nel suo territorio d’origine nell’hinterland casertano (ove opera d’intesa con il cartello dei CASALESI) ed in Veneto: in particolare a Verona, dove è stato individuato un albergo, ubicato nei pressi della stazione ferroviaria, gestito da una società che fa capo al clan.
775 L’operazione “Dorica” (p.p. 1057/17 del Tribunale di Ancona) condotta dall’Arma dei carabinieri, conclusa nel maggio 2017, ha attinto un’organizzazione attiva nel traffico di cocaina, fatta giungere da Torre Annunziata (NA) ad Ancona e da qui rivenduta nelle Marche, in Veneto ed in Emilia Romagna. Tra gli indagati figura anche un pregiudicato che, in passato, nella vendita di stupefacenti, aveva agito da intermediario per il clan AMATO-PAGANO.
776 OCC emessa il 31 marzo 2011 dal GIP del Tribunale di Venezia (p.p. 10381/10 RGNR e 2692/11 RG GIP).
777 Composto dalle famiglie LICCIARDI, CONTINI e MALLARDO.
778 OCC emessa dal Tribunale di Treviso il 19 marzo 2018 (p.p. 417/18 RGNR e 1039/18 RG GIP), eseguita il 30 marzo 2018.
779 Il 30 gennaio 2018, nell’ambito dell’operazione “Jolly” (p.p. 48951/16 RGNR e 40088/16 RG GIP) coordinata dalla DDA capitolina, i Carabinieri hanno dato esecuzione all’OCC emessa dal Tribunale di Roma il 12 dicembre 2017, nei confronti di 18 persone (tra le quali due coniugi della provincia di Pordenone) a vario titolo ritenute responsabili di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità, autoriciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, emissione di fatture per operazioni inesistenti. I coniugi veneti avrebbero, in un primo tempo, operato in collegamento con un gruppo cinese per far giungere denaro in Cina tramite società straniere sulle quali far transitare le somme. Successivamente, avrebbero intessuto rapporti illeciti con un gruppo criminale romano per operazioni di riciclaggio tramite contratti di finte sponsorizzazioni sportive.
780 Il 7 maggio 2018, una coppia di imprenditori agricoli di Albignasego (PD) sono stati arrestati dai Carabinieri in seguito ad un’indagine denominata “Sfruttatori a km zero”. I coniugi, ritenuti responsabili di inosservanza delle leggi sull’immigrazione e sul lavoro, lesioni personali e mancato versamento dei contributi pensionistici, facevano lavorare nei campi braccianti stranieri, non solo sottopagati e privi di contributi previdenziali ma anche sottoposti a percosse. Responsabile del reclutamento della manodopera era un bengalese.
781 Il 5 aprile 2018 la Guardia di finanza di Verona ha arrestato un “caporale” di origine marocchina, intestatario di 5 cooperative, che sfruttava lavoratori suoi connazionali. Sempre nell’aprile 2018, i Carabinieri hanno concluso le indagini nei confronti di un altro marocchino residente in provincia di Rovigo, accusato di aver reclutato e sfruttato, come manodopera, migranti provenienti dal Bangladesh ed ospiti di un centro di accoglienza.
782 Tra i vari episodi, il 23 aprile 2018 un capannone della lunghezza di circa 20 metri, inserito all’interno di una più ampia struttura aziendale di gestione e trattamento dei rifiuti anche speciali, sita a San Donà di Piave (VE), è stato distrutto da un in
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