Bimbi di Gaza, Abelrahman ha un fegato trapiantato: «Operazione perfettamente riuscita»

«Non è stato un gesto qualsiasi. Il nostro ospedale ha messo in campo risorse importanti». Il bambino di 6 anni è stato salvato grazie a un intervento complesso realizzato a Padova da Umberto Cillo

Silvia Bergamin
Abelrahman, con la maglia verde insieme ai genitori e ai fratellini
Abelrahman, con la maglia verde insieme ai genitori e ai fratellini

Aveva la pelle gialla e la febbre alta, Abelrahman, quando è salito sulla nave ospedale “Vulcano” della Marina Militare, nel porto egiziano di Al Arish.

Un bambino di appena cinque anni, proveniente dal nord della Striscia di Gaza, con una cicatrice chirurgica sull’addome e un destino in bilico tra la vita e la guerra.

Era dicembre 2023, e insieme alla madre e ai suoi quattro fratelli era riuscito a fuggire dai bombardamenti attraversando il valico di Rafah.

Il padre, invece, era rimasto a Gaza. Quella fuga non è stata solo una corsa per la salvezza, ma l’inizio di un percorso straordinario che lo ha portato fino a Padova, dove ha ricevuto un nuovo fegato e, con esso, una nuova possibilità.

Abelrahman era affetto dalla nascita da atresia delle vie biliari, una malattia rara e gravissima del fegato che nei neonati impedisce il corretto deflusso della bile. Già a un mese di vita, in Cisgiordania, aveva subìto un intervento di Kasai, complesso e altamente specializzato.

L’operazione aveva permesso un miglioramento temporaneo, ma negli anni il suo fegato era diventato sempre più fibrotico, la milza ingrossata, i segni di ipertensione portale evidenti. Le infezioni si ripresentavano con frequenza crescente.

Quando è arrivato sulla nave Vulcano, stanco e anemico, i medici hanno capito che non c’era più tempo da perdere. È stato il pediatra volontario Roberto Dall’Amico, primario a Pordenone, a contattare la pediatria di Padova, centro di riferimento per l’epatologia pediatrica.

Le prime cure sono state impostate a distanza. Poi, dopo un passaggio all’ospedale Santo Bono di Napoli e un permesso di soggiorno speciale ottenuto grazie all’intervento del Ministero della Salute, Abelrahman ha raggiunto il Veneto a inizio 2024, insieme alla sua famiglia.

Il clima rigido di Pordenone era un altro ostacolo, ma non abbastanza per fermare questa storia.

La Croce Rossa e il Comune hanno trovato per loro una casa, i bambini hanno ripreso la scuola e i centri estivi. Una parvenza di normalità.

Nel frattempo, a Padova, il piccolo veniva inserito nella lista per il trapianto. Per motivi di incompatibilità non era possibile usare un donatore familiare.

Il 18 dicembre 2024, pochi giorni prima di Natale, l’intervento è stato eseguito dal professor Umberto Cillo e dalla dottoressa Annalisa Dolcet all’Azienda Ospedaliera Universitaria. «Non è stato un gesto qualsiasi», spiega Cillo.

«Per eseguire un trapianto di fegato pediatrico serve un'organizzazione complessa, risorse importanti, un impegno straordinario che questo ospedale ha deciso di mettere in campo. L’operazione è riuscita perfettamente, l’organo ha attecchito e oggi, a distanza di mesi, Abelrahman è in buone condizioni generali». Il giorno del trapianto, anche il papà è riuscito ad essere presente.

Un momento simbolico, familiare e potente. Ora vivono tutti insieme, sostenuti dalla Fondazione Le Petit Port. Il padre, da febbraio, lavora in una ditta edile del Friuli Venezia Giulia. Ma non si tratta di una favola con lieto fine.

È piuttosto l’inizio di una nuova esistenza, segnata da sfide profonde: trovare una casa stabile, superare i traumi della guerra, imparare a vivere in un Paese diverso, che ha accolto questa famiglia con umanità e concretezza. 

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